Nel caso della morte di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate rapita e poi ritrovata morta molti mesi dopo, non è la prima volta che spuntano lettere anonime. L’ultima, giunta in queste ore al quotidiano L’eco di Bergamo, sarebbe stata spedita da un testimone oculare dell’omicidio. Ovviamente i dubbi sul contenuto della missiva sono scontati: perché aspettare così tanto tempo se veramente si sono visti gli autori dell’omicidio? Una lettera anche piuttosto lunga, questa ultima, scritta su tre fogli di quaderno in cui l’autore dice che non può dilungarsi troppo sui particolari, ma assicura di aver visto “i killer di Yara: sono un uomo e una donna”. L’anonimo rilascia anche dei particolari sui due presunti assassini: un uomo calvo di mezza età e una donna. Inoltre non viene fornito alcun dettaglio su come risalire alle due persone. Come dicevamo, di lettere anonime che rivelano dettagli sulla morte della ragazzina ne sono arrivate parecchie: in una l’autore si auto accusava addirittura di essere lui l’assassino. Quella volta si riuscì a risalire alla persona che l’aveva spedita: era un malato di mente da quindici anni in cura in un ospedale psichiatrico. Una delle lettere anonime, anzi più di una visto che l’autore ne mandò diverse, più convincenti era sembrata quella mandata da un anonimo commesso viaggiatore che raccontava di essere stato sul luogo del delitto com una prostituta e di aver illuminato con i fari della sua automobile alcuni ragazzi che si trovavano nel campo in cui mesi dopo verrà trovato il cadavere di Yara. I ragazzini avevano anche parcheggiato i loro motorini lungo la via, ma anche quella volta non si giunse a nulla di fatto. Rimane la realtà: a più di un anno dalla terribile vicenda che sconvolse l’Italia non si è ancora arrivati da parte degli inquirenti a qualcosa di concreto. Le indagini sono state per la maggior parte rivolte al lato scientifico, con un massiccio impiego delle indagini sul dna di migliaia di persone. Non si è arrivato a nulla di concreto neanche così, nonostante recentemente si sia detto che il campo delle indagini si fosse ristretto sul dna di tre o quattro persone. Secondo l’ipotesi più plausibile, visto che nella zona dove Yara fu rapita c’era un cantiere, è che il colpevole del rapimento e della uccisione della ragazza sia stato uno dei tanti lavoratori stranieri impegnati in tale cantiere e poi ritornato al suo Paese.
Su questi lavoratori stranieri oggi non più in Italia infatti non è mai stato eseguito l’esame del dna. In pratica, sarà ormai impossibile ritrovare l’autore dell’efferato delitto.