Radioattività di Chernobyl in Abruzzo, il risultato della ricerca della sezione di fisica ambientale dell’Arta riporta la mente ai fatti di 31 anni fa, quando una nube radioattiva fuoriuscita dalla centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina) attraverso tutta l’Europa in seguito ad una esplosione. I quattro studiosi Giancarlo Buccella, Sergio Palermi, Damiano Rancitelli e Gabriele Sulli, hanno scoperto che tracce di Cesio 137 sono rilevabili nei muschi del Gran Sasso e nei sedimenti del lago di Campotosto, come sottolinea Il Centro. L’indagine si riferisce al periodo compreso tra il 2011 e il 2015 ed è inserita nella relazione curata dall’Arta Abruzzo sul “Controllo delle radioattività ambientale in Abruzzo”. La situazione non è da ritenere pericolosa secondo gli studiosi, che sottolineano che “dall’esito delle misure effettuate è possibile affermare che i valori sono quasi sempre al di sotto della Minima attività rilevabile (Mar)”, questo il commento dei ricercatori che hanno svolto lo studio.
RADIOATTIVITA’ DI CHERNOBYL IN ABRUZZO
Attenzione posta in particolare sul muschio e sui sedimenti marino-lacustri: lo studio dei ricercatori rivela che è stata rivelata per ogni annualità la presenza costante di Cesio 137. Una situazione che secondo gli studiosi della sezione di fisica ambientale dell’Arta è “dovuta alle ricadute al suolo delle polveri contaminate dall’incidente di Chernobyl”. Ciò che rasserena in parte è che le concentrazioni rilevate non presentano pericoli dal punto di vista radiologico. Inoltre, lo studio si riferisce all’anno 2013: a quattro anni di distanza, come sottolinea Il Centro, la quantità dovrebbe essere inferiore. Oltre il muschio, focus sui sedimenti sabbiosi: l’Arta ha analizzato campioni di sabbia prelevati in diversi punti della foce del fiume Alento (Città Sant’Angelo): analisi in cui “non si sono riscontrate concentrazioni di attività di radionuclidi artificiali al di sopra della minima attività rilevabile”. Stesso discorso per ciò che concerne il pellet proveniente dai Paesi dell’Est, contaminati probabilmente dall’incidente di Chernobyl ma che non presentano rischi dal punto di vista radiologico.
CHE COS’E’ IL CESIO 137
I suoi utilizzi pratici non sono molti, venendo usato perlopiù per calibrare gli strumenti di misura delle radiazioni o ancora per la terapia del cancro e, industrialmente, in dispositivi per la misura dei flussi di liquidi e come calibro per misurare lo spessore dei materiali. Nel 2005 la maggior quantità di cesio 137 è stata riscontrata attorno alla centrale elettronucleare di Chernobyl e si sono verificati in alcune zone d’Europa dei numeri rilevanti di presenza, in particolare in Germania. I rischi sanitari posti dal Cesio 137 sono numerosi. Dopo l’ingestione, il cesio si distribuisce nell’organismo raggiungendo le maggiori concentrazioni in tessuti ricchi di potassio (muscoli scheletrici e cuore): l’emività biologica è di circa 70 giorni e secondo alcuni esperimenti una singola dose di cesio risulta letale in tre settimane. Una ingestione accidentale del cesio 137 può essere trattata con il colorante blu di Prussia, che si lega ad esso chimicamente accelerando la sua espulsione dal corpo.