Quattro anni fa veniva compiuto il delitto di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra (Bergamo) scomparsa il 26 novembre del 2010. Il caso si è sviluppato in una lunga indagine che ha portato al’arresto, avvenuto il 16 giugno di quest’anno, di Massimo Giuseppe Bossetti, 43enne, sposato e padre di tre figli, lavoratore edile autonomo. Il presunto colpevole avrebbe tentato di abusare della ragazzina, causandole le gravi ferite che ne hanno provocato il decesso. Ad incastrarlo un test del Dna compatibile con tracce organiche trovate sugli indumenti di Yara.Il corpo di Yara fu ritrovato in un campo a Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011, tre mesi esatti dopo la sua scomparsa. Il cadavere mostrava segni di arma da taglio, non mortali, al punto che dopo l’autopsia è stato pure ipotizzato che Yara sia morta per diverse cause, compreso il freddo.
Il Dna ritrovato sui vestiti della 13enne porta a Giuseppe Guerinoni, conducente di autobus morto nel 1999. Da qui gli inquirenti risalgono al figlio illegittimo del defunto, ovvero Bossetti. La scomparsa di Yara si consuma nel pomeriggio di quattro anni fa, alle 18.30, quando l’atleta di ginnastica ritmica finisce l’allenamento e esce dal palasport di Brembate per fare ritorno a casa. Ma i genitori, preoccupati per il suo ritardo, la chiamano al cellulare: già dopo 15 minuti risulterà spento. Da qui le indagini: gli investigatori ascoltano familiari, amici e parenti, ma nulla porta sulle tracce di Yara. C’è la testimonianza, non reputata attendibile, di un ragazzo di 19 anni del paese di Yara, Enrico Tironi, che racconta di aver visto la tredicenne parlare con due uomini accanto ad un’auto rossa incidentata la sera di quel 26 novembre. È il 30 novembre e le ricerche si concentrano in un cantiere a Mapello, un comune al confine con Brembate, attraverso il fiuto dei cani, qui si sta costruendo un centro commerciale. Gli inquirenti sospettano che la tredicenne sia stata prelevata in questo cantiere. Il 3 dicembre, viene ritrovato un giubbotto nero simile a quello che portava Yara il giorno della scomparsa: è una donna che indica il luogo del ritrovamento, che racconta di aver visto lanciare un sacchetto da un’auto in corsa.
Due giorni dopo, il 5 dicembre, su una nave diretta in Marocco, viene arrestato un giovane marocchino di 22 anni. Si tratta di Mohammed Fikri, un operaio del cantiere di Mapello che viene accusato del sequestro e dell’omicidio della tredicenne. Proprio in quel cantiere i cani fiutano tracce delle ragazzina. Il 7 dicembre il ragazzo viene rilasciato, quella che gli investigatori avevano ipotizzato come una fuga viene messa in discussione da un biglietto acquistato parecchio tempo prima e in più c’è la traduzione errata di alcune frasi in arabo: così cadono le accuse nei confronti del ragazzo che è completamente estraneo ai fatti.
Tante le ipotesi che si susseguono: il 12 dicembre, per esempio, spunta l’ipotesi del rapimento consumato nell’ambiente di lavoro del padre di Yara, Fulvio Gambirasio. Il tutto perché la sua ditta avrebbe avuto rapporti con un’azienda legata alla camorra. Ma il padre della ragazzina si rifiuta di credere al rapimento e asserisce di non avere nemici. Non è stato escluso nulla, compreso le ricerche a seguito delle dichiarazioni di una veggente. La donna racconta di aver visto Yara in sogno distesa in un corso d’acqua. Così le ricerche si spostano il 20 gennaio a Udine, nel comune di Socchieve. Ricerche vane. Si arriva quindi al 16 giugno scorso, quando Massimo Bossetti viene arrestato e portato presso il carcere di Bergamo: è suo il Dna di Ignoto 1, lo stesso trovato sugli slip e sui leggins di Yara. Bossetti è quindi “figlio di Giuseppe Guerinoni”, come ha detto pochi giorni dopo l’arresto il pubblico ministero Letizia Ruggeri. (Serena Marotta)