La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, è forse il motivo reale per cui dopo tutti questi anni ancora il processo è in piedi e la verità si sta cercando dopo i primi “confusi” (e usiamo un eufemismo, ndr) atti sulla morte del geometra romano. Dopo le dichiarazioni rese pubbliche del teste chiave Luigi Lainà, la sorella della vittima sottolinea come ancora una volta la verità emerge dopo i vari tentativi di tenerla nascosta: «Sta emergendo una situazione che per anni è stata nascosta. Il racconto del detenuto Luigi Lainà è stato drammatico dal punto di vista emotivo: ho rivisto il carattere e i modi di fare di mio fratello Stefano e soprattutto ho rivissuto la sua sofferenza che per tanti anni è stata nascosta», spiega ai cronisti Ilaria Cucchi, che sottolinea anche tutto il risvolto sulle lesioni tributate in un primo momento come “lievi” dalle analisi di Regina Coeli e dell’ospedale. «In realtà Stefano stava malissimo per colpa di quel dolore che è aumentato di ora in ora sino a farlo morire. In questi anni è stato tutto astratto, sembrava che mio fratello fosse morto senza una ragione, da oggi si comincia a capire cosa è effettivamente successo», ha concluso la donna accompagnata in tribunale dai genitori di Stefano Cucchi. (agg. di Niccolò Magnani)
TESTE CHIAVE ATTACCA I CARABINIERI
Rischiano di risultare decisive ai fini del processo bis in corte d’assise per la morte di Stefano Cucchi le parole di Luigi Lainà, il detenuto che incontrò il geometra romano morto nel 2009 pochi giorni prima del decesso, avvenuto all’ospedale Pertini. Lainà, come riportato da La Repubblica, al pm Giovanni Musarò che lo interrogò una prima volta già nel 2014, ha raccontato:”La sera del 16 ottobre del 2009 mi trovavo presso il centro clinico di Regina Coeli quando vedo arrivare un ragazzo che aveva il volto gonfio come una zampogna, con evidenti ematomi in faccia e sugli zigomi. Aveva un colorito violaceo, perdeva sangue da un orecchio e faceva fatica a parlare. Gli portai un caffe’ ma non riusciva neanche a inghiottire la sua saliva“.
Secondo Lainà, sentito in qualità di testimone della Procura nel procedimento che vede imputati cinque carabinieri, accusati a vario titolo di aver pestato Cucchi, di aver falsificato il verbale e di aver incolpato dell’aggressione tre agenti penitenziari, già processati e assolti definitivamente, Stefano su sua richiesta si alzò la maglietta e ciò che il detenuto vide lo descrive così:”Era uno scheletro, sembrava un cane bastonato, roba che neanche ad Auschwitz. Aveva il costato di colore verdognolo-giallo, come quello di una melanzana. Gli ho chiesto se a ridurlo così fosse stato qualcuno della penitenziaria… ero pronto a fare un casino… e invece lui rispose che erano stati i carabinieri che lo avevano arrestato… ‘Si sono divertiti’, mi aggiunse. Volevano che facesse la spia, che parlasse per far arrestare altri spacciatori, ma lui è stato un grande, non ha fatto un nome. Mi spiegò che era stato picchiato da due militari in borghese mentre un terzo in divisa intervenne per invitare i due a smetterla“.
LAINA’ SU STEFANO CUCCHI:”MAI VISTO NULLA DI SIMILE”
Nel corso della sua deposizione, Lainà ha aggiunto altri dettagli inquietanti:”Quando sbagliamo è giusto essere arrestati, messi in carcere e giudicati da un tribunale. Non è giusto, invece, essere massacrati di botte. È successo pure a me qualche volta, e anche io come tanti altri ho dovuto dire di essere caduto per evitare di essere pestato di nuovo. Ma devo ammettere che non ho mai visto un detenuto, come Cucchi, portato in cella in quelle condizioni“. Fu proprio su segnalazione di Lainà che il medico del Regina Coeli, Pellegrino Petillo, venne sollecitato a visitare Cucchi. Il medico dispose così il ricovero al Fatebenefratelli, ma il giorno dopo Cucchi fu trasferito al Pertini dove morì il 22 ottobre 2009:”A Petillo dissi che se non fosse intervenuto in tempo, Cucchi sarebbe morto subito a Regina Coeli per quanto stava male” ha spiegato Lainà. “Io una cosa così non l’avevo mai vista“, ha ribadito.