Una tragedia avvenuta nel giugno 2016 ma con una ferita “riaperta” negli ultimi giorni dopo che è giunta la notizia attesa dalla mamma di Adam, neonato morto il giorno della nascita. «era sano e me lo hanno ucciso». Oggi, 18mesi dopo quel dannato giorno, le due ginecologhe in servizio all’epoca all’ospedale di Sassuolo (Modena) sono state indagate. Tania Di Perna oggi sarà a Pomeriggio 5 per raccontare la sua storia straziante, con un’accusa in testa ben chiara: «era sano. Non hanno voluto farmi, come avevo sempre chiesto, il parto cesareo, e quel piccolo mi è morto in braccio. Me lo hanno ucciso». La situazione ha gettato nella più totale depressione la donna, già mamma di altri figli: in una recente intervista alla Gazzetta di Mantova la donna ha provato a spiegare come sono stati quesi mesi dopo quella tragedia nel giungo 2016. «Ho 39 anni e non sto più bene – racconta Tania -. Ho affrontato la depressione e ne sto uscendo gradualmente grazie all’aiuto dello psicologo; elaborare il lutto non è semplice. Ma i danni maggiori sono a livello fisico, dato che ho un prolasso all’utero e non cammino più bene, una condizione che mi impedisce di lavorare e di fare sforzi. Prima della gravidanza ero addetta in una ditta di pulizie. Adesso anche tenere dietro a casa mia è un’impresa».
INDAGATE LE DUE GINECOLOGHE
Le indagini sono scattate subito, con la denuncia della donna contro i medici e chi ha avuto in carico quel caso delicato sulla morte del piccolo Adam: la storia è complessa visto che Tania accusa l’ospedale di non averle dato retta nel richiedere il parto cesareo diverse settimane prima dell’effettiva nascita di Adam dopo la rottura delle acque. «Ogni volta che mi recavo a Sassuolo, lamentandomi dei problemi di pressione e del peso, ero arrivata a 150 chili, venivo rispedita a casa. Chiedevo che mi venisse programmato un taglio cesareo perché sapevo di non riuscire a partorire (Tania ha già tre figli, ndr), ma non c’è stato niente da fare. Il giorno prima del parto mi sentivo strana e sono andata in ospedale. I medici mi hanno fatto alcuni esami e mi hanno rimandato a casa verso le 20 nonostante le mie proteste. Avevo le contrazioni, lo sapevo benissimo perché ho avuto altri bambini», spiega ancora la madre di Adam che oggi non c’è più, venuto al mondo e volato via nel giro di pochissime ore. Una morte “in braccio” che ha cambiato per sempre la vita di Tania: quando poi hanno fatto in ritardo il cesareo, vedendo che il bimbo non stava bene da ore, la madre aggiunge «Quando mi hanno inciso non mi hanno somministrato gli antibiotici. Pochi giorni dopo sono dovuta tornare in ospedale perché avevo la febbre a 40. Per 15 giorni non hanno capito cosa avessi: mi avevano anche detto di salutare i miei figli perché non sapevano se ne sarei uscita viva. Finché non mi hanno diagnosticato un ascesso addominale e mi hanno trasferito a Carpi, dove mi hanno salvato la vita: per due giorni sono rimasta in Rianimazione e 18 in reparto».