Manca una settimana esatta all’attesa sentenza a carico di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello accusato di aver ucciso la tredicenne Yara Gambirasio e di averne occultato il cadavere, trovato solo dopo tre mesi dalla sua scomparsa. Il processo a carico di Bossetti è durato ben 45 udienze e il prossimo venerdì sono attese anche le dichiarazioni spontanee dell’imputato. “Non so cosa dirà, so che stava preparando le dichiarazioni, le stava scrivendo, è giusto che lo faccia da solo. Io le leggerò, ma è giusto che non intervenga perché sono dichiarazioni personali, come sempre parlerà con il cuore e sarà convincente, come lo è stato con noi”, ha dichiarato l’avvocato Claudio Salvagni ai microfoni di Radio Cusano Campus, come riporta oggi Blitz Quotidiano. Al termine, seguirà la camera di consiglio quindi la lettura della sentenza che avverrà senza la presenza in aula di telecamere, come chiesto ed ottenuto dal giudice il pm Letizia Ruggeri.
La maggiore prova di colpevolezza a carico di Massimo Bossetti, a processo per il delitto di Yara Gambirasio, è sempre stata caratterizzata dal Dna. In attesa della sentenza prevista nei prossimi giorni (precisamente il prossimo venerdì primo luglio), è intervenuto uno dei suoi legali, l’avvocato Claudio Salvagni, ai microfoni di Radio Cusano Campus, commentando proprio la presunta estraneità di Bossetti rispetto alle gravi accuse che gli sono state finora rivolte. A detta dell’avvocato, Massimo Bossetti non avrebbe mai incontrato Yara Gambirasio e per questo motivo il suo profilo non combacerebbe con quello del killer. “In tutti i delitti di questo tipo c’è sempre un collegamento tra la vittima e l’assassino. Nel processo Bossetti non c’è alcun elemento che faccia presumere che Bossetti e la vittima si conoscessero, anzi le risultanze processuali dicono il contrario, ovvero che non si sono mai incontrati”, ha commentato Salvagni. Per tale ragione, a sua detta, si è sempre trattato di un processo “squisitamente indiziario”. “Sono partiti dal dna e se, come ha detto il pm, questa è la prova regina, se cade il dna cade tutto”, ha chiosato.
C’è attesa per la sentenza del processo Yara Gambirasio il cui unico imputato è Massimo Bossetti. Il verdetto sarà emesso tra una settimana, esattamente venerdì prossimo 1 luglio. Accusa e difesa si sono scontrate negli ultimi mesi: la pubblica accusa ha chiesto per Bossetti l’ergastolo e a questo ha risposto la difesa dell’imputato chiedendo l’assoluzione. Il muratore di Mapello è sotto processo a Bergamo con l’accusa di aver ucciso la 13enne Yara. La ragazzina scomparve da Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, il 26 novembre 2010 e fu ritrovata senza vita solo tre mesi dopo, il 26 febbraio 201 in un campo a Chignolo d’Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate di Sopra. Il 16 giugno 2014 fu arrestato Massimo Bossetti, un muratore incensurato di 44 anni: a lui si è arrivati per la sovrapponibilità del suo Dna con quello di “Ignoto 1”, rilevato sugli indumenti intimi di Yara Gambirasio e ritenuto dall’accusa riconducibile all’assassino. Tra una settimana si concluderà, dopo oltre un anno, il processo di primo grado a carico di Massimo Bossetti e sarà emessa una sentenza molto attesa. In aula non saranno ammesse le telecamere dei giornalisti ma solo registrazioni audio.
Sta per calare il sipario sul processo di primo grado a carico di Massimo Bossetti, unico imputato per il delitto della tredicenne di Brembate, Yara Gambirasio, uccisa nel novembre del 2010. Nel corso della passata udienza, l’ultima prima della sentenza, la Corte ha dato la parola per l’ultima volta alle repliche ed alle controrepliche delle varie parti. Il pm Letizia Ruggeri, lo stesso che ha avanzato al giudice la richiesta di ergastolo a carico di Massimo Bossetti, ancora una volta ha voluto spiegare quali sono le gravi accuse a carico dell’uomo, smontando nuovamente l’intero muro alzato finora dalla difesa. Quest’ultima, formata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, infatti, avrebbero evidenziato non poche anomalie soprattutto in riferimento alla “prova regina” attorno alla quale è ruotato l’intero processo caratterizzato da ben 45 udienze: il Dna. “Il Dna trovato sui vestiti di Yara appartiene all’imputato ed è stato analizzato rispettando tutte le procedure e le linee guida internazionali. La traccia biologica non è stata contaminata, come sostiene erroneamente la difesa”, ha dichiarato il pubblico ministero, come riporta il settimanale “Giallo”. Il magistrato, dunque, sarebbe convinto della colpevolezza di Massimo Bossetti anche alla luce dei numerosi indizi contro di lui. Oltre alla prova granitica del Dna, infatti, l’elenco comprende anche il furgone ripreso dalle telecamere nelle vicinanze della palestra frequentata da Yara Gambirasio e che secondo l’accusa apparterrebbe proprio al muratore di Mapello, i filamenti rinvenuti sui vestiti della piccola vittima, le sferette metalliche – tipiche dell’edilizia – isolate attorno al cadavere, le intercettazioni. A queste si aggiungono chiaramente la mancanza di un alibi per la sera del delitto, la conoscenza dei luoghi e la crisi coniugale con Marita Comi. “Tutti gli indizi, gravi, coincidenti e concordanti, sono a supporto del Dna, che rappresenta la firma dell’imputato su quel corpo”, ha aggiunto il pm Ruggeri, prima di concludere con una domanda retorica: “Serve altro?”. L’attesa sentenza che giungerà solo dopo la camera di consiglio e le spontanee dichiarazioni da parte di Massimo Bossetti, è fissata per venerdì 1 luglio. In attesa di questa importante data, i riflettori della trasmissione “Quarto Grado” torneranno ad accendersi sul caso di Yara Gambirasio con un occhio di riguardo alle battute finali del processo a carico di Massimo Bossetti.