Si chiama Xiao Zhao, è un bambino cinese di oltre quattro chili e la sua foto ha fatto il giro del mondo. Lui è nato martedì scorso a quanto pare, porta ancora in viso le escoriazioni e i lividi che gli ha provocato l’impatto con l’asfalto.
Sono le circostanze della sua nascita a essere eccezionali e a causare una così forte risonanza nei media internazionali. I suoi genitori, 36 anni lei e 42 lui, riportano le cronache, abitanti nella periferia di Xiamen, quando la mamma si è messa in travaglio hanno capito che non avrebbero potuto aspettare l’ambulanza, o, forse più probabilmente, non se la potevano permettere: in molti luoghi è un servizio a pagamento.
Così sono saliti in motorino, un semplice scooter, l’unico mezzo disponibile e si sono avviati verso l’ospedale, lui alla guida e lei appollaiata dietro, in posizione precaria, preda dei sobbalzi della strada, aggrappata al suo uomo, fra loro il pancione, ingombrante. Ce li possiamo immaginare. Nei pressi di un cavalcavia però un camion li ha urtati violentemente scaraventando entrambi sul selciato e poi allontanandosi, in gran fretta come sanno fare i pirati della strada. Ai soccorritori è apparso quello che viene definito un “miracolo”, né più né meno, poiché accanto ai corpi dei genitori entrambi già morti, miagolava un neonato, vivo dunque, ancora con il cordone attaccato; e pare anche un po’ scostato, la misura di un metro ombelicale.
Xiao Zhao viene definito “il bimbo del miracolo”, l’ambulanza arrivata prontamente lo raccoglie e in ospedale gli viene diagnosticato solo un lieve trauma cranico: subito parte una raccolta di fondi e la storia appunto prende il volo, così come il visino escoriato del neonato fa il giro della rete internet.
I commenti si sprecano, vanno anche oltre quello che è logica della vita umana, della fisiologia, raggiungendo livelli un po’ ridicoli: come se quell’utero ormai morto potesse avere, in un ultimo sussulto violentissimo, espulso il frutto che portava…
Ma in fondo, oltre la leggenda metropolitana che nasce proprio in circostanze simili, possiamo fare il passo ragionevole e restare commossi dalla forza della vita.
Possiamo, da ostetrica mi è certo più facile, immaginare il travaglio quasi alla fine, accelerato dai sobbalzi e dalla posizione sulla motoretta; posso quasi vedere le mani della madre che si aggrappano più forte a ogni contrazione, il dolore e la paura.
Possiamo guardare al bambino, appeso alla vita, ma già grande e robusto, un figlio tosto di quattro chili che ha deciso di nascere alla svelta: lui sente la precarietà della situazione, l’adrenalina della madre gli scorre nelle vene, sa che si deve sbrigare, ci mette del suo.
I figli nella pancia sanno spingere.
I figli nella pancia sanno di essere figli e sono loro a voler nascere: non siamo ancora riusciti, direi per fortuna, a trovare la formula chimica magica che induca un travaglio istantaneo, che funzioni per tutti.
I figli sono già autonomi, hanno le loro competenze, chi più chi meno: chi più forte, che si spinge fuori, che respira e piange e strilla anche da solo, per quei minuti lunghissimi che i soccorritori hanno impiegato a vederlo, a abbracciarlo.
Xiao Zhao non è il solo bimbo del miracolo; ogni figlio che nasce è un miracolo, le circostanze in cui il fatto è successo sono straordinarie, ma non perché lui sia riuscito a “uscire da solo” dal grembo di sua madre; spesso noi sentiamo le notizie di bambini nati per strada, in auto con il papà, alla fermata del bus, in bagno… con una mamma spaventatissima che ha solo ubbidito alla forza del suo corpo, alla richiesta del suo bambino. Quello che è straordinario in Xiao è che lui ormai ha perso i genitori, l’abbraccio che ha ricevuto non è quello che gli sarebbe spettato, non lo avrà mai.
Il camionista investitore è stato arrestato, giustizia forse sarà fatta. Ma questo poco servirà a Xiao; noi possiamo sperare che trovi una famiglia, che abbia magari dei parenti, fratelli o sorelle, non ci è dato di sapere molto oltre alla sensazionalità della notizia in sé.
Conosciamo il caso di un altro figlio, nato nella notte in una stalla, con la giovane madre spaventata e il padre Giuseppe ripudiato dai fratelli, lei in travaglio in groppa a un asino, lo scooter del passato. Si potrebbe dire: se la sono cavata.
Anche Xiao se l’è cavata, la sua vita è così evidentemente dono.
Vorrei che si restasse dentro questa certezza, mentre si contempla il suo faccino escoriato, astenendosi da banali commenti. Se davvero tutti noi fossimo pervasi da questa convinzione: “la vita è dono, sempre” si troverebbe la voglia e la ragione di fare molti cambiamenti, di costruire un futuro vero, umano.
Si parla di valori, di ideali; ma basta questa ragione, questa consapevolezza, così reale e semplice. La vita è un dono: ripartiamo da qui. Xiao, grazie per esserci. E voi, genitori senza nome e senza vita, grazie per avercelo donato.
Tutto il resto ci sarà dato in più.