Nel pomeriggio sono scattate le prime 3 espulsioni di personaggi legati alla cellula terroristica jihadista sgominata a Venezia: le indagini degli inquirenti, mentre si attende l’esito dei primi interrogatori del trio arrestato a Venezia l’altra notte, hanno portato durante le altre perquisizioni scattate a Mestre e Treviso la decisione di espellere dal suolo italiano tre personaggi con presunti legami con la propaganda islamista di Arjan Babaj e dei suoi diretti compari “camerieri”. Come riporta la cronaca locale di Treviso Today, dovranno lasciare il territorio nazionale J.M., 24enne residente a San Marco, I.H., 21enne di Treviso, e A.B., 22enne domiciliato a Venezia. Tutti dell’est Europa e legati alla doppia vita di balcanico trapiantato in Italia e cospiratore per il terrorismo internazionale di matrice jihadista. Sono solo i primi personaggi pizzicati a frequentare gli ambienti integralisti dove albergavano i tre “reggitori” della cellula veneziana. A giorni il ministro degli Interni Minniti dovrebbe firmare il decreto di espulsione, ma si attendono ulteriori sviluppi per comprendere se non vi siano altri a dover fare la stessa fine.
Stanno proseguendo i complessi lavori di traduzione delle intercettazioni miste arabe e kosovare della cellula veneziana sgominata due notti fa: e, oltre al riferimento continuo al possibile attentato del Ponte Rialto, spunta anche l’inquietante lista di altre chiese di Venezia deputate a essere obiettivi di stragi terroristiche. Su tutte, ovviamente, è la Cattedrale di San Marco a rappresentare l’obiettivo principe per i terroristi islamisti: «Con Venezia guadagni subito il paradiso per quanti “monafik” (miscredenti, ndr) ci sono qua… ad aver una bomba… a Rialto o San Marco..». E così tanti altri scambi di messaggi tra i tre arrestati (e il quarto fermato è un minore) in cui si scoprono le strategie e gli obiettivi reali di una cellula terroristica attiva in pieno centro di Venezia.
Il video dell’operazione delle forze dell’ordine a Venezia. I presunti terroristi volevano far saltare ponte Rialto? https://t.co/Qv99h1zK23 pic.twitter.com/Cd2wL0PQ6E
— Rainews (@RaiNews) 30 marzo 2017
Hanno parlato al Corriere della Sera i vicini di casa dei “camerieri” jihadisti arrestati ieri a Venezia: «vestivano all’occidentale e parevano tranquilli, silenziosi e non avevano mai dato problemi». Così l’amministratore di condominio dell’abitazione al sestiere San Marco, in pieno centro città: i vicini di casa confermano quanto le impressioni avevano dato fino all’arresto, gente normale che viveva tranquillamente integrati nella splendida città della Laguna. Uno degli arrestati, Arjan Babaj, lavorava da alcuni mesi presso un ristorante veneziano a non molti metri da casa sua e veniva anche sul posto di lavoro descritto come il migliore e il più corretto di tutti: «Era il più bravo di tutti, il più tranquillo – racconta il titolare – Non fumava, non beveva, si impegnava e andava in palestra quasi tutti i giorni, non parlava quasi mai con nessuno, non raccontava nulla», si legge sempre nelle testimonianze del Corriere della Sera sulla cellula jihadista per fortuna sgominata due notti fa.
In una giornata convulsa per la città di Venezia, arriva anche il commento del Patriarca Francesco Moraglia sulla cellula islamista sgominata nella notte e che progettava un attentato al Ponte di Rialto. «Di fronte alla notizia dell’operazione portata a termine questa mattina dalle forze dell’ordine, coordinate dalla magistrature, si avverte un vero senso di sollievo e profonda gratitudine nei confronti delle istituzioni», scrive in una nota rilasciata all’Agenzia Sir. Per Monsignor Moraglia, «È una notizia che dà fiducia e fa in modo che i cittadini non si sentano soli; percepiamo la città più sicura, tanto per chi vive in essa quanto per chi vi lavora e i turisti che, ogni giorno, l’affollano», ricorda ancora il Cardinale di Venezia. Per Moraglia inoltre, è importante che vi siano risposte concrete, come quelle di oggi, alla crescente domanda di sicurezza che ognuno in Europa avverte; e poi aggiunge, «la paura si vince imparando ad affrontare insieme la quotidianità con stile di vita che non si arrende al ricatto della violenza e del terrorismo. Si tratta di vivere senza cedere al panico». Secondo il Patriarca infine, è necessario che Venezia non dimentichi, nonostante la forte pausa, il valore fondamentale di dialogo e incontro tra più culture e più religioni, «auspicando che ogni cittadino con coscienza educata e retta sappia collaborare, secondo le giuste modalità, con le istituzioni e le forze dell’ordine».
Un attentato al Ponte di Rialto, per dimostrare la propria volontà di emulare il “soldato” Khalid Masood e il suo attacco a Londra pochi giorni fa. Queste e altre intercettazioni hanno portato ieri notte all’arresto di tre kosovari e un quarto minorenne membri di una cellula jihadista radicalizzata a Venezia, nel centro città. In una indagine lunga mesi e che ha compreso anche collegamenti con Treviso e Mestre, le forze speciali hanno condotto con successo l’intera operazione, svelando una volta di più l’intento di alcune cellule attive sul nostro territorio di voler colpire obiettivi sensibili per attentati terroristici anche in Italia. «Metti una bomba a Rialto e guadagni il Paradiso» si dicevano i tre arrestati in una conversazione mesi fa; l’orrore per quanto avrebbero potuto causare con un attacco al ponte di Venezia attraversato ogni giorni da centinaia di migliaia di persone tra turisti e cittadini, si aggiunge alla lieta notizia portata alla luce dal blitz anti-terrorismo. Positivo il commento del presidente Regione Veneto, Luca Zaia; «Avevamo i terroristi in casa ma, per fortuna, anche bravissimi tutori della legalità, adesso occorre mettere immediatamente in campo leggi speciali, perché quelle ordinarie, troppo permissive, di certo non bastano a contrastare una criminalità internazionale di questo tipo». Secondo il Governatore leghista occorrono strumenti maggiori per poter rendere efficaci ancora di più i lavoro ottimamente svolti dalla magistratura per contrastare la minaccia jihadista e terrorista. Salvini ieri era stato ancora piangendo duro, invocando l’intervento dello Stato per “blindare i confini, il nemico è in casa e bisogna cacciarlo”.