Non ci sono giorni ormai da quando è stato abbattuto il jet russo sul confine tra Siria e Turchia che non ci siano sgarbi, trucchetti diplomatici e vere e proprie minacce tra Ankara e Mosca che fanno prendere ai complessi già destini del mondo contemporaneo i parametri di un possibile e per ora solo provocatoria terza guerra mondiale. Eccessivo? Beh, stando a vedere le varie decisioni più o meno dette dai governi chiamati in causa in questa fase di assoluta instabilità politica internazionale per via del terrorismo islamista e non solo. Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso però di andare dritto per dritto e al momento non sembra concedere sconti alla Turchia: ha appena firmato infatti, secondo Agielle, le misure per garantire la sicurezza nazionale della Russia e l’applicazione delle nuove misure economiche speciali contro Ankara. Ecco nello specifico quanto rilasciato dal comunicato del Cremlino: vietare l’importazione o limitarla di alcune merci provenienti dalla Turchia, vietare le attività delle società turche in Russia, ma anche il divieto di assunzione di lavoratori turchi e sospensione diretta dal 1 gennaio del regime senza visti con la Turchia. Anche i prodotti turistici ci rimettono, vi è il divieto di vendere nei pacchetti turistici viaggi che comprendono una visita in Turchia. A noi non sembra normalissima come operazione, giustificabile solo in un’ottica di scontro totale. Ma anche qui i problemi restano davvero tantissimo.
È una provocazione lo sappiamo ma tant’è ci sembra giusto segnalarvi questa importante presa di posizione sullo scenario e rischio di terza guerra mondiale: dopo la crisi diplomatica e non solo tra Russia e Turchia che vede nello scontro un richiamo fortissimo anche di Guerra Fredda 2.0, arriva l’interessante posizione di progettista capo dell’Istituto Moscovita di Tecnolgia Termica, Yuri Solomonov, che intervistato dai colleghi di Sputniknews.com precisa come un paradosso in realtà sarebbe la garanzia maggiore per una pace duratura. «Fino a quando ci saranno le armi nucleari, non ci sarà nessuna guerra al 100%, è una garanzia della nostra sicurezza, perché abbiamo una forza nucleare strategica molto potente, più forte degli Stati Uniti». Incredibile ma ha la sua logica: secondo l’esperto (di parte ovviamente, ma interessante comunque) realmente le armi nucleari potrebbero essere la vera garanzia che scongiura lo scoppio di gravi conflitti. Forse valeva un tempo durante la guerra fredda questo ragionamento, ma può rimanere anche oggi nel 2015 con questi nuovi scontri in varie parti del mondo e con vari attori protagonisti su piani paralleli? Il tempo dirà la risposta, di sicuro il timore della guerra per le armi sul lungo termine non può essere l’unico criterio, si rimarrebbe infatti in un clima costante di terrore.
In un mondo sempre più diviso, che molti danno sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, si acuiscono in maniera ulteriore le tensioni al confine tra Macedonia e Grecia, dove l’esercito di Skopje sta innalzando un muro di filo spinato per impedire ai migranti l’ingresso nel paese. La decisione di costruire questa barriera, come riportato da Euronews, segue quella dell’esecutivo macedone della scorsa settimana di spalancare le proprie frontiere soltanto ai rifugiati di guerra, e dunque a siriani, iracheni e afghani, sottraendo di fatto ad altre migliaia di profughi provenienti in gran parte dal nordafrica l’opportunità di usufruire la cosiddetta rotta dei Balcani per raggiungere l’Europa del nord.
Continua l’ondata di violenza in Mali: dopo l’attentato all’Hotel Radisson di Bamako, uomini armati hanno attaccato una base di peacekeeper dell’Onu a Kidal, nel nord della nazione. Come riportato dall’Ansa, il portavoce della missione dell’Onu nel Mali, Olivier Salgado, ha spiegato che le persone ferite sono “diverse”. Salgado, parlando con alcuni media, ha collocato l’orario dell’attacco attorno alle 4 del mattino, orario in cui secondo la sua ricostruzione “sono stati lanciati 4 o 5 razzi contro la base”. Un ennesimo episodio di violenza dunque in Mali, da catalogare probabilmente alla voce “attentati Isis”, in attesa di una rivendicazione che ancora tarda ad arrivare.
Le parole del premier britannico David Cameron, che nei giorni scorsi aveva auspicato un’iniziativa concreta da parte della Gran Bretagna nei raid in Siria volti a bombardare l’Isis, ha scatenato le proteste di diverse frange della società d’oltremanica, e in particolare di centinaia di attivisti che in questi minuti stanno protestando davanti alla residenza del primo ministro inglese a Downing Street. La manifestazione, stando a quanto riportato dall’Ansa, che cita i media britannici, è stata organizzata dall’associazione “Stop the war”, che nei giorni scorsi aveva raccolto su Facebook oltre 6.000 adesioni. Il voto su una possibile azione aerea in Siria da parte dell’aviazione britannica è stato calendarizzato in Parlamento per la prossima settimana.
Continua ad essere alta la tensione tra la Russia e la Turchia, altra crisi della “Terza Guerra Mondiale a pezzetti”, per definirla come il pontefice. Dopo l’abbattimento del F-16 russo, che secondo le fonti turche avrebbe sconfinato senza essere stato autorizzato la situazione si fa sempre più pesante. Da Mosca invece hanno fatto sapere che l’F-16 fosse in territorio siriano e che sono pronte delle dure misure economiche nei confronti della Turchia. Un primo atto Putin lo ha già messo in essere con il ripristino del regime del visto tra i due Paesi che sarà esecutivo a partire dall’1 gennaio con tanto di appello ai cittadini di russi evitare viaggi in Turchia e a quanti sono in territorio turco di rientrare onde evitare di rimanere vittime di possibili attentati terroristici. Non si è fatta attendere la replica da parte della Turchia che ha rivendicato le proprie ragioni con tanto di appello del Ministro degli Esteri Turco con cui consiglia ai propri concittadini di evitare viaggi in Russia. Al momento non sembrano esserci spiragli per un chiarimento visto che Putin si rifiuta di interloquire con Erdogan se non dopo le scuse ufficiali per quanto accaduto.