Il report dell’Istat su Reddito e condizioni di vita relativo al 2010 rivela che un italiano su quattro è a rischio povertà: stando infatti alla definizione dell’Eurostat, si trova in questa condizione il 18,2 per cento dei residenti del nostro Paese, mentre il 10,2 per cento vive in famiglie dove c’è una bassa intensità di lavoro, e il 6,9 per cento si trova in condizioni di grave deprivazione materiale. L’Istituto nazionale di statistica rivela poi che il 50 per cento delle famiglie italiane nel 2009 ha percepito un reddito netto fino a 24.544 euro annui, che equivalgono a 2.050 euro al mese, mentre i nuclei al Sud sono quelli più esposti al rischio di deprivazione materiale. Seguono poi le famiglie monoreddito, come i monogenitori o gli anziani, e per quanto riguarda la situazione economica, il 16 per cento delle famiglie ammette di fare fatica ad arrivare a fine mese. Infine, l’11,5 per cento delle famiglie non ha potuto riscaldare in modo adeguato l’abitazione, l’11,2 per cento è rimasto indietro con il pagamento di affitto o mutuo e l’8,9 per cento si è trovato in arretrato con il pagamento delle bollette. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Giancarlo Rovati, Professore di Sociologia generale dell’Università Cattolica di Milano: «Si tratta di un rapporto annuale che Istat elabora insieme ad Eurostat, e i risultati sono dell’indagine Eu-Silc, che si svolge contemporaneamente in tutti gli stati membri dell’Unione europea. Bisogna tener conto che questo sistema di calcolo misura una povertà relativa, diversa da quella a cui fa riferimento l’Istat quando dà la stima ufficiale della povertà relativa in Italia, perché quest’ultima si basa sui consumi, mentre i dati di Eurostat sul reddito. In questo caso, il concetto di rischio di povertà è diverso da quella relativa perché questa misura è nata per verificare l’efficacia dei trasferimenti dello Stato nel contrastare la povertà, tanto che la stima viene rilevata prima e dopo questi trasferimenti. Ci sono poi altri due elementi importanti che emergono dall’analisi di questo rapporto: il primo è il confronto, che viene presentato nella nota sintetica dell’Istat, tra Italia e Germania, da cui risulta che l’Italia e la Francia hanno un rischio più marcato di povertà tra i giovani tra i 18 e i 24 anni rispetto alle generazioni più anziane. La Germania ha invece un rischio più basso, sia per i giovani che per i minori.
Questo significa che le politiche per i giovani in questa fascia di età sono meno efficaci in Italia e in Francia rispetto alla Germania, mentre in questi ultimi due Paesi c’è una maggiore tutela nei confronti dei minori, quindi per coloro con meno di 18 anni, e anche in questo caso è importante notare come il rischio povertà sia più alto tra i minori che non tra gli anziani. L’altro dato che credo sia molto importante è che, anche se è noto che la povertà colpisce soprattutto le famiglie numerose, nelle manovre fiscali finora introdotte dal governo non c’è nessuna misura che tenga conto del carico familiare, fatta eccezione per qualche debole annuncio. Se si vuole però davvero adottare delle misure di contrasto della povertà e di una più efficace redistribuzione bisogna considerare molto di più il carico familiare di quanto sia stato fatto fino ad ora». Il professor Rovati ci spiega poi che «si discute ancora molto del rapporto tra i più ricchi e i più poveri, e il dato importante è che il 20% più ricco ha il 37% del reddito, mentre il 20% più povero ha l’8%: significa quindi che c’è un rapporto interquintilico di circa 4 a 1, e l’Italia presenta una diseguaglianza superiore rispetto alla media, che significa appunto che la redistribuzione delle ricchezze attraverso il sistema di tassazione è meno efficace. Lo è soprattutto nel Sud e nelle isole, mentre al Centro e al Nord è leggermente al di sotto della media europea. Mi sembra che anche questo rapporto dia delle indicazioni importanti per pensare delle policy in materia di carico familiare, di rischio povertà delle famiglie più numerose e con figli minori. Infine anche per quanto riguarda i giovani i dati sono abbastanza preoccupanti e, dopo le famiglie con figli minori, le politiche per incentivare l’occupazione giovanile devono essere una priorità prima di altre che pure vanno inserite nell’agenda».
(Claudio Perlini)