Un cocktail insieme e poi un altro cocktail, questa volta mortale: è la storia di Dj Fabo e tantissimi altri casi in Svizzera. Il Fatto Quotidiano ha intervistato oggi una delle tante infermiere che hanno a che fare con questi casi e accompagnano alla morte i casi come Dj Fabo. È italiana, che da tre anni lavora alla clinica Exit, molto simile alla Dignitas in Svizzera e racconta così: «Abbiamo brindato con un mojito, era sereno. Poi ha preso l’anestetico e in pochi minuti è morto»: racconta così Sabina Cervoni, 57 anni, accanto alle persone che scelgono il suicidio assistito. «Non ho mai visto panico, né disperazione. Tutti mi hanno regalato una grande sensazione di serenità. Erano pronti, perché avevano preso questa strada con convinzione. Assistevo gente ferita in guerra. Gente che avrebbe dato qualsiasi cosa per sopravvivere. E adesso mi trovo a seguire persone che invece vogliono finire di vivere. Ma non c’è nessuna contraddizione. Il filo conduttore è il desiderio di far vivere gli altri con dignità e rispetto». L’infermiera italiana racconta come pochissime volte qualcuno ha deciso di cambiare idea all’ultimo; altrimenti, l’iter della morte “dolce” arriva così: «Il giorno dell’appuntamento la persona ci aspetta. Mi creda è tutto normale, sereno: ci si vede, si parla, si ascolta magari la musica. Si chiede, mille volte, conferma della volontà. Si prende un bicchiere di anti-emetico, per evitare che l’anestetico venga vomitato. E alla fine si prende la soluzione, 12 grammi, quattro volte la dose mortale. In due minuti arriva il sonno, poi in meno di mezz’ora la morte».
Un servizio sull’eutanasia fatto nel novembre 2015, riproposto ieri dopo il caso di Dj Fabo che ha sconvolto l’Italia in questi ultimi giorni (tra l’altro proprio dopo un altro servizio sempre della stessa trasmissione): stiamo parlando delle Iene, da sempre attente alle tematiche di fine vita, eutanasia e biotestamento con un indirizzo molto chiaro e spesso a favore dei vari casi di questi anni, da Welby a Eluana fino a Fabiano Antoniani. A firma di Matteo Viviani, in questo servizio si è cercato di raccontare cosa succede quando un malato in Svizzera si avvicina alla morte per suicidio assistito ed eutanasia. Il servizio ha lo scopo di mostrare come sia difficile, in Italia, poter veder riconosciuto un diritto come quello ad una morte dignitosa: nel servizio viene raccontata la storia di Sergio e di tanti altri casi in cui gli Hospice italiani accompagnano verso la morte con la sedazione terminale. Il paziente più giovane che il medico Michele Gallucci (intervistato da Viviani nel servizio) ha “trattato” aveva 8 anni. “Ma coi bambini è relativamente facile, è molto più dura con gli adolescenti perché sentono come se gli stessi portando via il futuro. I casi più duri sono quelli delle mamme che devono lasciare i loro figli, magari piccoli. Comunque non ho mai pianto per la morte di un paziente e ne ho trattati, direttamente o indirettamente, più di 10mila con la sedazione terminale”. Sergio racconta la difficoltà di lasciare la sua famiglia, con lo sguardo terrorizzato per la morte che sta incombere e le infermiere che lo preparano verso la sedazione. Poi il racconto si sposta in Svizzera dove il suicidio assistito è legale e perciò le operazioni sono molto più “semplici”: una infermiera compagna fino all’ultimo una donna francese anziana affetta da un male incurabile e che ha deciso di porre fine alla propria vita, proprio come dj Fabo. «Un momento unico, in cui Michelle dice addio alla vita: in compagnia di noi, le sue migliori amiche e mentre lei beve il beverone che le darà la pace», commenta così una delle amiche vicine alla donna suicidatasi con «cocktail mortale».