Aprile 2017-luglio 2018: è arrivata oggi a Milano la sentenza contro i tre stupratori che un anno fa decisero di narcotizzare una 22enne in un locale di Milano in via Creama e di stuprarla per ore dopo averla portata semi-incosciente nell’appartamento di uno dei tre condannati, Mario Caputo a Bellusco (Monza e Brianza). Non sono state riconosciute attenuanti né richieste di assoluzione fatte dai legali dei tre imputati – oltre a Caputo anche Guido Guarnieri e Marco Coazzotti, quest’ultimo amico della vittima – e così si è giunti alla condanna: 12 anni di carcere per Coazzotti e Caputo, mentre sono 8 anni e 6 mesi per Guarnieri. La Corte, presieduta da Elisabetta Canevini, ha infine condannato i tre a pagare una provvisionale di 75mila euro alla ragazza: tutti i danni, invece, verranno quantificati in sede civile, riportano i colleghi de Il Giorno. Il Tribunale di Milano, nella condanna di primo grado ha riconosciuto l’aggravante dell’uso della droga da stupro, proprio come aveva richiesto in fase processuale il pm Gianluca Prisco. I difensori, gli avvocati Debora Piazza, Guido Camera e Eliana Zecca, «avevano chiesto invece l’assoluzione, sostenendo fra l’altro che andasse verificata l’attendibilità della ragazza, e hanno subito annunciato ricorso in Appello». Gli anni maggiorati a Coazzotti e Caputo sono divenuti tali per la recidiva di altri atti precedenti prima della violenza contro la ragazza milanese di 22 anni.
VIOLENTATA E NARCOTIZZATA CON LA DROGA DELLO STUPRO
Appena dopo la sentenza, urla e tensioni si sono sollevati tra i familiari degli imputati e gli stessi commessi presenti dentro il Tribunale di Milano: Guido Guarnieri ha urlato «sono innocente, mi avete rovinato la vita», scagliandosi contro i poliziotti e i giudici della nona sezione penale del Palazzo di Giustizia. «Caputo è scoppiato in lacrime e ci sono stati anche momenti di tensione sia dentro l’aula che nei corridoi, dove una donna, tra i familiari degli imputati, ha colpito con una mano la videocamera di un operatore della Rai», ha riportato l’Ansa. In quel terribile aprile del 2017, i tre avvicinarono la ragazza nel locale di Via Crema e uno di loro, Marco, che bene la conosceva (perché invaghito di lei, anche se la ragazza lo aveva sempre trattato da amico, ndr) ha iniziato a parlarle fitto. Nelle immagini riprese quella sera, si vede uno dei tre che le versa nel bicchiere di nascosto le benziodiazepine – in particolare, la cosiddetta Gbh, la “droga dello stupro” – e da lì per la ragazza inizia l’incubo: pian piano le difese si allentano e il mix di alcol e narcotico inizia a fare effetto. Quasi incosciente viene portata in macchina e lì si interrompono i ricordi della vittima: i tre avrebbero poi portato la giovane a casa di Caputo, a Bellusco, dove sarebbe avvenuto lo stupro di gruppo e il tentativo di depistaggio subito dopo, con Coazzotti che cercava di accusarla di avere preso troppe dosi di cocaina per “ridursi così”. Non era vero nulla, se non appunto l’indegna violenza con l’aggravante della droga somministrata.