L’immagine più cara che Rose Busingye porta nel cuore dopo la visita di papa Francesco nel suo paese, l’Uganda, è la fila di persone che lo aspettava lungo le strade per vederlo passare: “Eravamo tantissimi, e non solo cristiani, anche musulmani o non credenti. Ma eravamo tutti lì guardando un punto fisso che si avvicinava e poi ci passava davanti guardandoci a sua volta. Guardavamo un punto fisso che ci generava tutti in quell’istante, aspettavamo l’uomo che rappresenta Gesù sulla Terra”. Il papa in questi giorni ha visitato ben tre nazioni, il Kenya, dove proprio ieri una dottoressa italiana è stata uccisa da alcuni rapinatori, l’Uganda e il Centrafrica. In questo ultimo paese ha compiuto un gesto straordinario, l’apertura della Porta Santa e del Giubileo: “Questo gesto non è solo per l’Africa, è per tutto il mondo. Aprire una porta santa cosa vuol dire per la Chiesa e per l’umanità? Per me è come aprire la mia vita alla salvezza, lasciare che il mistero mi apra il cuore”. In un continente dove il martirio dei cristiani, ricordato dal pontefice proprio in Uganda, accade ancora oggi quotidianamente, Rose rappresenta la semplicità di cuore di quello stesso continente: “L’uomo africano attende Dio, non ci sarà mai nessuno qui che dica che si è fatto da solo, ma attende Dio anche se non sa che nome dargli. Incontrando i musulmani nella moschea in Centrafrica il papa è andato a dire anche a loro per cosa sono fatti e cosa può riempire quel vuoto che a volte li fa essere violenti”. “Grazie per avermi fatto ripensare e rimettere a fuoco cosa ha significato questo incontro con il papa” dice Rose alla fine, spiazzando il cronista che di solito è lui a ringraziare chi ha risposto alle domande. “Desidero che il mio viaggio attiri l’attenzione del mondo sull’Africa”, aveva detto Francesco prima di partire. Non potremo più dimenticarci dell’Africa adesso.
Cosa ha significato per te questo viaggio del papa in Africa?
Un momento in cui ho visto che il cristianesimo è ciò per cui l’uomo è fatto. Qualcosa che dà significato, Cristo che che viene nella vita dell’uomo. Quello per cui l’uomo è nato.
Non è la prima volta che incontri Francesco, vero?
Lo avevo visto a Roma il 7 marzo scorso. Si trattava di un momento organizzato per il movimento di Cl. Invece qui abbiamo visto andare dal papa ogni uomo: piccolo e grande, povero e ricco, un popolo mischiato tra cristiani e non cristiani. Quando lo aspettavamo lungo la strada per salutarlo tra noi c’erano anche musulmani, tutti con gli occhi fissi a quest’uomo. Ognuno guardava un punto che ti genera, venivano i brividi.
In occidente e soprattutto in Europa si discute e a volte si critica questo papa, qualcuno dice ha sta trascurando la dottrina tradizionale, qualcuno dice che è di sinistra. Cosa significa per voi africani Bergoglio?
Quelle cose che dici, a noi non vengono neppure in mente. Lui per noi è il capo della Chiesa, ne è il responsabile come lo era San Pietro, quell’uomo che ha incontrato Gesù. Noi destra o sinistra non sappiamo neanche cosa siano. Noi aspettavamo l’uomo che rappresenta Gesù sulla terra.
Gesù che si rende incontrabile oggi?
Ripeto, nessuno qui parla delle cose che dici, si parla solo di accogliere la Chiesa così come è, qualcosa che è stato iniziato da Gesù, poi è continuato con San Pietro fino ad oggi, a Francesco. Per la strada tutti gridavano: Francesco, Francesco!
Il papa ha detto che desiderava attirare l’attenzione del mondo sull’Africa, perché secondo te?
Io penso che il modo con cui lui fa sentire Gesù presente è il modo che mi fa capire che Lui mi ha creata e continuamente mi dà la sua vita.
L’Africa è spesso indicata come la speranza della Chiesa…
L’uomo africano attende Dio. In Africa nessuno pensa che si è fatto da solo, tutti sanno che sono stati fatti da qualcosa di più grande. Qui non c’è uno che può pensare che Dio non esiste, anche se non dà dargli un nome.
Però pensando all’Africa non si può non pensare alle grandi opere di carità verso gli ultimi, verso i poveri di cui anche tu ci dai testimonianza.
Ma non è che qua tutti si occupano dei poveri, e poi il problema non è essere poveri materialmente. Puoi essere povero anche se hai il frigo pieno. Puoi occuparti dei poveri se capisci che il povero ha un valore in quanto essere umano, l’uomo è povero quando non sa chi è. Tutto il resto nasce da un modo di essere educato nei confronti della vita.
In Uganda il papa ha dedicato la messa ai martiri cristiani. In Africa il martirio dei cristiani avviene tutt’oggi, continuamente.
Martirio dei cristiani vuol dire riconoscere Cristo in quel momento. Il papa ha parlato di un popolo di giovani, anche di 14 anni, che ha dato la vita perché Cristo in quel momento per loro era diventato tutto, una presenza tale da rinunciare alla vita, perché lo avevano riconosciuto. Uno di loro al re che lo condannava a morte perché aveva disubbidito, aveva detto: “ho scoperto un re più grande di te a cui obbedisco”. L’inizio del nostro riconoscere la presenza di Cristo che supera le altre realtà è in quel martirio, ed è la stessa cosa che continua nei cristiani uccisi oggi in Nigeria, in Kenya e in tutto il mondo.
Il martirio fa parte del percorso della fede?
Il martirio accade ogni giorno: riconoscere nell’istante tutti gli istanti della vita e chi li ha generati.
In Centrafrica il papa ha aperto la porta santa del Giubileo: che cosa significa per te e per gli africani?
Quel gesto è per tutto il mondo, non solo per l’Africa. Cosa vuol dire aprire una porta santa, cosa vuol dire per la Chiesa e per l’umanità? Per me è come aprire la mia vita alla salvezza, farmi conoscere il mistero che mi apre il cuore.
Francesco in Centrafrica ha anche visitato una moschea e incontrato i musulmani. Oggi in Europa si pensa all’islam come un nemico da combattere, cosa vuol dire invece che il papa è andato a incontrarli?
Che Cristo è per tutti gli uomini. L’arrivo del papa ha fatto vedere quel qualcosa per cui sei nato, anche se sei musulmano sei fatto per questo. Il problema nasce quando non sai chi sei. E’ andato nella moschea per comunicare ai musulmani per cosa sono fatti, cosa può riempire quel vuoto che spesso li fa essere violenti.
Basta questo per fermare la violenza?
E’ il vuoto che porti dentro a farti diventare violento, perché non sai cosa può riempire la tua vita. Uno che desidera la morte degli altri vuol dire che l’ha desiderata prima per se stesso, è un odio alla vita, non amore alla vita. Uno che ama la vita la dona. Il papa è andato alla moschea a dire che anche loro sono amati, fatti per la vita. Sei amato di un amore eterno, Dio ti guarda e ti genera. Questa è la speranza anche per l’Europa.
Cosa ti lascia questa visita di Francesco?
Mi lascia con la certezza che Dio ha pietà del mio niente e che ancora di più ha pietà di me, è venuto a trovarmi. E’ stato come le campane delle chiese che suonano: Dio è ancora lì alla mia porta che bussa per chiedere di entrare.
(Paolo Vites)