Non è la prima volta che l’Isis minaccia l’Italia. Ai tempi in cui esisteva ancora il califfato islamico uscivano puntualmente video o immagini della bandiera nera dell’Isis piantata su San Pietro e minacce correlate di conquistare la capitale “dei crociati”. Era per lo più propaganda per infiammare i miliziani. La minaccia che l’Isis ha rivolto però adesso al nostro paese (“Il prossimo obiettivo”) dopo i fatti di Barcellona e della Finlandia assume una prospettiva diversa, molto più realistica e paurosa. Per Gian Micalessin, intervistato da ilsussidiario.net, “l’Italia gode di un sistema di controllo del territorio e di sorveglianza molto più efficace di tanti paesi europei, ma soprattutto mancano dai noi quella seconda e terza generazione di islamici che sono il terreno più fertile di arruolamento dell’islam radicale che trasforma dei ragazzini in fanatici terroristi”.
Quanto va presa sul serio la minaccia postata dall’Isis di colpire l’Italia?
Va presa sul serio, anche per la metodologia usata. Il messaggio infatti è stato inviato su Telegram, che da tempo è il mezzo privilegiato dei terroristi per comunicare. Recentemente sempre su Telegram è stato diffuso un intero manuale per la preparazione di attentati disponibile a tutti quei lupi solitari che sono pronti a entrare in azione.
Lupi solitari che hanno colpito in mezza Europa, però a Barcellona abbiamo visto in azione un’autentica cellula composta da diversi elementi che ha dimostrato una certa efficacia strategica.
Efficace fino a un certo punto, dato che non hanno saputo maneggiare le bombole di gas mentre preparavano l’esplosivo. La strage c’è stata lo stesso, ma poteva essere ben più devastante. Diciamo che è la dimostrazione di come funzionino questi manuali diffusi sui social, che poi in mano a dei ragazzi non bastano per farli diventare dei veri stragisti. Per fortuna.
Come è il livello di sicurezza in Italia? Quali i principali obiettivi sensibili?
E’ chiaro che in una tipologia di attentati di questo tipo, effettuati da lupi solitari o da personaggi che non erano considerati pericolosi, la sicurezza è praticamente impossibile. La nostra situazione è però profondamente diversa ad esempio da quella spagnola.
Perché?
Va detto che in Catalogna erano operative fino a oggi qualcosa come 80 moschee salafite che operavano indisturbate e il sindaco di Barcellona si era opposto a mettere delle barriere sulla Rambla. Quanto stiamo vedendo fare in Italia, le barriere nelle grandi città, sono misure di prevenzione efficaci perché contribuiscono a rendere complessa l’entrata in azione dei terroristi. Ma non sono la soluzione al pericolo.
In che senso?
La prevenzione non si fa mettendo le barriere, quella è l’estrema ratio, ma si fa molto prima, impedendo che i potenziali terroristi entrino in azione. Il tentativo di fermare un terrorista che ha già l’esplosivo addosso ed è alla guida di un camion è già un fallimento della sicurezza, indice del fallimento di ciò che è fondamentale per difendere la sicurezza dei cittadini, gli apparati di prevenzione.
Quindi?
Dal punto di vista della sicurezza in Italia siamo certamente messi molto meglio di altri paesi europei. Il monitoraggio dei servizi segreti e delle forze di polizia è efficace, il controllo del territorio superiore e soprattutto in Italia mancano quella seconda e terza generazione di islamici che sono il terreno di reclutamento dell’islam radicale e che trasforma dei ragazzini in fanatici della jihad.
(Paolo Vites)