C’è un allarme Olimpiade per Londra. E a quanto sembra sarebbe un allarme serio, che Scotland Yard sta prendendo in considerazione con tutte le necessarie contromisure. Secondo il “Mail on Sunday”, ci sarebbero già state azioni di sabotaggio, degli avvertimenti insidiosi e pericolosi, sulla linea ferroviaria a Bristol. In più sarebbe stata danneggiata l’antenna di una stazione della polizia a Dundry Hill. La minaccia viene dal Fai, il gruppo anarchico italiano, il cui acronimo significa “Federazione anarchica informale”, che ha rivendicato la responsabilità dell’attacco all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Ora il Fai minaccia una “guerra di bassa intensità” per disturbare la trentesima edizione dell’ imminente Olimpiade di Londra, che si aprirà il 27 luglio e si concluderà il 12 agosto. Se il pericolo, soltanto alcuni mesi fa, veniva dal terrorismo islamico, oggi è il Fai che irrompe come protagonista dell’incubo. In un suo comunicato, il gruppo anarchico italiano spiega: “Nel Regno Unito del controllo e l’addomesticamento a orologio noi siamo alcuni dei non patrioti che trovano le Olimpiadi 2012, con la relativa esibizione di ricchezza, francamente offensivo. Non abbiamo inibizioni all’uso della guerriglia per danneggiare l’immagine nazionale e paralizzare l’economia in tutti i modi possibili. Perché, per dirla semplicemente: non vogliamo ricchi turisti, vogliamo la guerra civile”. Sembrano ritornare antichi spettri ideologici, visioni ottocentesche di utopie violente che si riversano, in un gioco di specchi, nella spettacolarizzazione mediatica degli avvenimenti più importanti. Lo spirito olimpico che viene tramandato da Olimpia e dai Greci non fa più effetto a nessuno. Se i Giochi, in quei tempi antichi, fermavano persino le guerre tra le “città-Stato” e ispiravano la grande poesia di Pindaro, oggi i Giochi moderni sono una delle ribalte preferite, mondiale e in diretta televisiva, per dimostrare ad alcuni anche la propria esistenza distruttiva e propagandare ideologie di odio e di guerra. In un momento di crisi economica, politica e sociale mondiale, di svolta epocale della storia degli Stati in tutto il mondo, ritorna puntuale la minaccia.
Quella che dovrebbe essere una grande festa per centinaia di Paesi, per migliaia di atleti, per centinaia di migliaia di visitatori negli stadi londinesi e sui posti di gara, per miliardi di persone della platea televisiva globale, rischia di essere allo stesso tempo un grande spettacolo a due facce: la festa della gioventù che gareggia lealmente e l’incubo di un attentato di chi si autoesclude nel suo nichilismo terrificante e dichiara guerra. Il marchese Pierre De Coubertin, l’inventore delle Olimpiadi moderne, ha più di una ragione per rivoltarsi continuamente nella tomba. Ormai è inutile nasconderlo, la paura del “terrore olimpico” è presente da diversi anni. E’ entrato nella storia dal secolo scorso nell’ottobre del 1968, nella notte tra il 2 e 3 ottobre, a Città del Messico, nella tristemente famosa Piazza delle Tre Culture.
La diciannovesima Olimpiade doveva ancora incominciare e la contestazione studentesca vene repressa con centinaia di morti (non si sapranno mai le cifre ufficiali). Sono i granaderos del presidente Diaz Ordaz che sparano sulla folla che contesta. Poi si passa al settembre del 1972, alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, quando un commando dell’organizzazione terroristica palestinese “Settembre nero” fece irruzione negli alloggi israeliani del Villaggio Olimpico. Furono giornate di terrore, dove al posto delle gare, sugli schermi televisivi comparivano le immagini di fedayyn armati di kalashnikoff. Alla fine di una trattativa irreale e di un intervento della polizia tedesca non proprio ispirato da buon senso, si contarono i morti di una strage: 11 atleti israeliani uccisi, 5 feddayyn, un poliziotto tedesco.
Se a Monaco lo spirito olimpico fu letteralmente “stracciato”, anche a Mosca nel 1980 fu “incrinato”, nel momento in cui gli Stati Uniti non parteciparono per protesta contro la politica sovietica, creando così una “mezza Olimpiade”. La risposta arrivò nel 1984 a Los Angeles alla ventitreesima Olimpiade, con tutto il blocco sovietico che non partecipa eccetto la Romania di Ceasescu. Infine alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, il 27 luglio, esplode una bomba nel Centennial Park, un attentato che provoca una vittima e cento feriti. L’incredibile realtà del mondo moderno, la crisi antropologica di questo periodo storico è rappresentata purtroppo bene da questa paradossale schizofrenia della scadenza Olimpica, sospesa sempre di più tra attesa di gioia e di incubo, tra la nobiltà di una leale gara sportiva e l’insidia dell’attentato codardo in mezzo alla folla. Siamo in un mondo che richiede sempre di più codici etici, regole e osservanza di nuove regole, ma nello stesso tempo non riesce più a rispettare le grandi “regole non scritte”, come appunto era l’antico spirito di Olimpia.