Eri a Parigi un uomo armato di un martello e di un coltello, che si è poi definito un “soldato del califfato”, dopo aver minacciato alcuni turisti di fronte alla cattedrale di Notre Dame ha colpito un poliziotto che gli ha sparato ferendolo. Novecento turisti che erano in piazza sono stati obbligati a rimanere chiusi nella cattedrale per due ore mentre si cercavano eventuali complici. Terrorismo o no, il panico è diventata la nostra realtà quotidiana, come il drammatico episodio della finale di Champions a Torino ha ampiamente dimostrato. Secondo il generale Mario Mori, già capo del Sisde, sentito da ilsussidiario.net, “siamo davanti alla strategia invocata dall’Isis tramite i social network: colpite con qualunque cosa, anche un coltello da cucina (come hanno fatto i terroristi di Londra, ndr). Una strategia che sta ottenendo successo, seminare il terrore tra di noi”.
Generale, non siamo più davanti ai commando militari che facevano stragi, ma a gente che utilizza coltelli da cucina o martelli. Cosa significa, è l’ultima spiaggia dell’Isis?
Si tratta dell’obbedienza agli ultimi proclami della strategia diffusa dall’Isis tramite i social network, attaccare “il mondo dei crociati” con tutte le armi, anche quelle improvvisate come un coltello da cucina o un pulmino. E’ una nuova forma di terrorismo che ottiene anche l’effetto di distrarre l’opinione pubblica sul declino e le sconfitte militari dell’Isis in Siria e in Iraq.
Vuol dire che adesso che perdono il territorio occupato in Medio Oriente si sposteranno da noi?
Questo è già evidente, stanno scegliendo nuovi teatri di azione dove portare avanti la loro folle guerra santa.
Questa strategia secondo lei produce effetti?
Purtroppo sì, è una strategia che paga in soldoni quasi quanto gli attacchi strutturati con formazioni di tipo militare.
In che modo?
Mette in difficoltà tutto il sistema occidentale, la psicosi collettiva che si sta insinuando è molto pericolosa per l’occidente. Basta che cada in terra una sbarra di metallo e pensiamo a un colpo di pistola.
Si riferisce ai fatti di Torino?
Quanto successo a Torino dimostra l’effetto di questa psicosi. E’ stato un banco di prova in cui si è dimostrato che in particolari situazioni si possono creare effetti tragici. Dobbiamo trarne un insegnamento, io penso che quanto successo sarà analizzato molto bene e in prospettiva ci saranno direttive per migliorare manifestazioni che fanno parte del nostro costume e che non possiamo permetterci di abolire.
Tra gli attentatori di Londra per la prima volta c’era un italiano per parte di madre, vissuto a Bologna. Significa che anche in Italia si sta facendo un salto di qualità verso un terrorismo capace di colpire obbiettivi?
Potenzialmente questo è sempre possibile, ma c’è da constatare che se parti da Bologna e vai a Londra questo dimostra che in alcune città europee come appunto Londra, Berlino o Parigi c’è un network di sostegno e una facilità di inserimento che qui da noi, per fortuna, ancora non esiste.