A pochi chilometri dalla coste siciliane, si trova sott’acqua il vulcano più grande d’Europa. L’Italia è a rischio tsunami? Il Sussidiario.net lo ha chiesto a Michael Marani, ricercatore del Cnr.
Il mondo intero guarda al Giappone con il fiato sospeso. Il terremoto di magnitudo 9 di venerdì ha provocato uno tsunami dagli effetti devastanti e in molti, ai quattro angoli del globo, hanno paura, si domandano, in questo ore, se la regione, la città, il paesino in cui vivono sia al riparo da un rischio analogo. Al largo delle coste siciliane, ad esempio, torna la paura per il Vulcano Marsili. E’ un vulcano sottomarino, situato nel Tirreno meridionale, 40 km a nord della Sicilia e circa 150 km a ovest della Calabria.
Alto 3000 metri, la sua vetta si innalza sopra il livello del mare per 450 metri. Lungo 70 km e largo 30 è il vulcano più grande d’Europa. In passato, alcune frane verificatesi sul dorso hanno provocato dei sommovimenti marini anomali. L’ultimo è stato nel 2002, nell’aerea di Stromboli. C’è chi sostiene che se si fossero verificate contemporaneamente una serie di circostanze sfavorevoli, il movimento anomalo si sarebbe potuto tramutare in un’onda di enormi dimensioni.
Una scossa colpisce la zona e i timori vengono amplificati; è stato identificata al largo delle coste di Milazzo, alle 06.10 italiane di oggi ed ha avuto intensità 2.9 gradi di magnitudo della scala Ritcher. Ebbene: l’Italia rischia un fenomeno altrettanto sconvolgente come quello nipponico? Secondo il professor Michael Marani, Primo ricercatore dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr di Bologna, è da escludersi.
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«Penso che non ci sia in questo momento da preoccuparsi per la Sicilia. Il vulcano Marsili non è in pericolo di tornare in attività. Il fatto di tenerlo sott’occhio rientra nella routine. Attualmente, nonostante non sia estinto, non è in attività; se anche lo fosse gli effetti di una sua eventuale attività sarebbero minimi rispetto a quelli generati, ad esempio, del Vesuvio». Del resto, continua Marani, perché si verifichi un Tsunami è necessario che ci sia la presenza contemporanea di più fattori scatenanti.
«Nel 2004, ad esempio, ci fu il devastante tsunami in Thailandia, provocato da un terremoto di magnitudo 9.1. Dieci giorni dopo ce ne fu un altro, di uguale intensità, sulla stessa faglia, ma non ci fu un’altra onda anomala». Posto che è un evento del tutto improbabile, quindi, non basterebbe un’eruzione.
«Il vulcano, tra le altre cose, dovrebbe avere un crollo fuori dalla norma, dovrebbe franare gran parte della montagna; ma i vulcani si sfaldano pezzo per pezzo. Anche laddove dovesse crollare un pezzo enorme del Marsili, l’onda generata non sarebbe registrabile, se non dai mareografi». In ogni caso, ribadisce l’esperto, «l’Italia, come è noto, è una zona ad alta densità sismica. E se vogliamo parlare di rischi legati ai vulcani, quelli veri riguardano il Vesuvio, che è tutt’ora in piena attività».