Un bambino può avere le idee già chiare sulla propria sessualità? Questo interrogativo è comune a molte delle storie che vi stiamo raccontando: da quella di Lactatia, la più piccola drag queen al mondo, a quella di cui vi parliamo oggi, di cui è protagonista L., un bambino transgender di nove anni. Anche questo ragazzino può contare sul supporto della sua famiglia. Sua madre, Camilla Vivian, per raccontare la trasformazione di suo figlio ha deciso di aprire un blog, “mio figlio in rosa“. Uno spazio su internet che è servire a fare luce su un mondo nascosto, quello delle identità sessuali indefinite, definite “fluide” e conosciute anche come trans. Uno spazio che ha permesso alla mamma del piccolo transgender di trovare il coraggio per dare un nome all’identità sessuale di suo figlio e di trovare genitori che vivono situazioni simili alle sue. «Genitori soli che non sanno a chi chiedere informazioni, a cui spesso i pediatri dicono che il loro bambino è malato o male-educato da quei genitori stessi. Tra chi ti consiglia di “raddrizzarlo”, chi ti chiede come ti sentiresti se tuo figlio fosse gay…», ha raccontato Camilla alla Repubblica. «Sono un maschio però mi piace sembrare femmina», racconta il diretto interessato senza giri di parole. Vive tra Firenze e Valencia, ma non si sente perfettamente a suo agio. Presto la sua storia potrebbe diventare un libro e un documentario.
MIO FIGLIO IN ROSA: LA STORIA DI UN BIMBO TRANSGENDER
VIA DALL’ITALIA: COSA CAMBIA IN SPAGNA
Dal punto di vista medico questi bambini sono affetti di “disforia di genere”, la condizione di chi vorrebbe appartenere al sesso opposto a quello biologico con cui è nato. Non sempre cambiano sesso: a volte la transizione è parziale, altre volte riguarda semplicemente un modo di vestire e porsi. Ma sono anche ragazzini sicuri delle proprie scelte e spesso oggetto di scherno. Per questo Camilla Vivian ha deciso di vivere un po’ in Spagna, dove c’è una legge che riconosce i bambini come suo figlio: «Al centro estivo che oggi frequenta qui a Valencia, lui è libero di andare nel bagno dei maschi o delle femmine, si è presentato con il suo kit tutto rosa e nessuno si è posto il problema di dove collocarlo. E io adesso ho cominciato a respirare». Camilla è convinta che suo figlio in Italia rischi l’emarginazione, mentre in Spagna i ragazzi transgender sono sostenuti dall’adolescenza dal punto di vista sociale, legale e medico. Mettersi un vestito anziché i pantaloni, andare nel reparto vestiti delle femmine, scegliere abiti femminili e rosa non è un problema come lo è stato per lei in Italia. «Io non so cosa farà mio figlio che oggi dice io sono io e basta. Sara femmina o maschio, o tutti e due. Per me l’importante è che sia felice».