Come Vescovo interpellato da molti amici manifesto la mia gratitudine al Santo Padre per l’invito a non ridurre il carisma di Comunione e Liberazione a etichetta, a cenere, a metodo autoreferenziale, ad essere meri impresari di una ONG.
E’ vero che, in mezzo alla confusione generale, siamo cresciuti seguendo un cammino ben preciso, quello del carisma. Ma quante volte ho dovuto insistere anch’io invitando la gente del movimento a partecipare con piena disponibilità e non solo formalmente ad incontri ecclesiali e sociali con altre realtà aggregative senza chiuderci in false superiorità, come se fossimo i soli ad avere la formula e l’esperienza giusta del vangelo! Don Giussani ci ha sempre insegnato ad imparare dalla realtà, da tutti e particolarmente dal magistero del Papa e dei Vescovi, dalla vita della Chiesa e da ogni incontro valorizzando tutti i segni di verità che troviamo. Da Leopardi a Pavese, da Kafka a Pasolini, dagli ortodossi, dai fratelli ebrei ai monaci buddisti.
Ci sono infatti vari modi di incontrare Gesù. Tutti sono veri quando ti portano a Gesù. Il carisma è uno di questi modi. Ognuno ha la sua storia. Come quando tu incontri Gesù attraverso un amico, un’amica o tuo marito o tua moglie. Chi ti salva è Gesù, ma tu non puoi buttare a mare tuo marito per rimanere con Gesù. Le due cose sono unite. Il Papa ci vuol dire che non dobbiamo buttare a mare il carisma perché è superato, ma che attraverso il carisma, dobbiamo amare sempre più Gesù. Questo significa essere decentrati. E poi dobbiamo portarlo con la passione che don Giussani ci ha insegnato, nella vita, dove viviamo, in quelle che papa Francesco chiama le periferie e particolarmente tra i poveri con una testimonianza di autenticità umana e di povertà. Non per una strategia, ma perché senza Gesù non possiamo vivere. Come quando siamo entrati nelle scuole e nelle università, nelle favelas del Brasile e tra gli ammalati di Aids dell’Africa. Tutti luoghi dove continuiamo ad esserci. E Francesco riconosce questo quando afferma: “il carisma originario non ha perso la sua freschezza e la sua vitalità”.
Io sono stato molto toccato dall’incontro col Papa; ci ha invitati a vivere ciò a cui Don Giussani sempre ci ha educato anche con correzioni di una forza straordinaria. E, siccome tutto questo lo viviamo con i nostri limiti, è giusto che qualcuno ce lo ricordi.
Siamo dinanzi ad un richiamo forte e ad un invito ad approfondire la natura del carisma, a viverlo con verità, non a buttarlo a mare. In questo senso si muove tutta la“teologia dei carismi” vissuta nella Chiesa e approfondita dopo il Concilio Vaticano II nella visione della “Chiesa come comunione” e particolarmente sviluppata sino ad oggi a partire dal primo incontro internazionale tra i movimenti ecclesiali, a cui don Giussani ha attivamente partecipato.
In quell’occasione san Giovanni Paolo II, nell’udienza del 27 settembre1981, ebbe a dire: “La Chiesa stessa è un movimento”. In tempi diversi Papa Francesco ci mette in guardia a non “pietrificare” il carisma, facendone un oggetto da museo e ci indica il cammino che è quello del decentramento: “al centro c’è solo il Signore”. Questo tema non lo si può liquidare negandolo o ripetendolo mimeticamente; esige un approfondimento rigoroso e un cordiale impegno di sequela. Il Papa ci ha ripetuto quanto ha anche detto nella intervista alla Civiltà Cattolica della sua Compagnia di Gesù: “La Compagnia è in se stessa decentrata: il suo centro è Cristo e la sua Chiesa. Se invece guarda troppo a se stessa, mette sé al centro come struttura ben solida, molto ben “armata”, allora corre il pericolo di sentirsi sicura e sufficiente”. E siccome i gesuiti di errori nella loro ammirabile storia di missionari e di santi ne hanno fatti ben più di noi, impariamo la lezione perché, con il nostro volto, possiamo “essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa in uscita”.
+ Filippo Santoro
Vescovo di Taranto