Ieri nella maggioranza delle città italiane hanno preso il via i saldi invernali. Un appuntamento che molti italiani, tra cui il sottoscritto, aspettano ogni anno per poter fare shopping approfittando degli sconti. In questo senso “l’anno d’oro” è stato il 2009: prezzi così bassi non si erano visti prima e non si sono visti nemmeno dopo. Forse dipendevano dalla crisi, allora appena scoppiata e che appariva come una grande incognita. Oggi, invece, compare come una granitica certezza. Al di là dei tragici eventi che negli ultimi giorni hanno visto imprenditori e persone comuni farla finita perché oppressi dai debiti e da conti che non sembrano lasciare scampo, è bastato anche ascoltare i discorsi dei Capi di Stato di mezzo mondo e guardare le fredde previsioni degli organismi economici internazionali per capire che siamo al principio di un anno che sarà difficile.
Eppure ieri, nonostante gli aumenti delle accise sulla benzina e dei pedaggi autostradali, ai caselli delle uscite note per i grandi centri outlet si sono formate lunghe code di automobili, tra cui quella del sottoscritto, giunta per di più in anticipo rispetto all’apertura dei negozi. Immancabile poi il rito della caccia al parcheggio (data l’ora, la mia è per fortuna durata giusto qualche minuto). È bastata invece poco più di un’ora per vedere formarsi code alle casse, che in qualche caso hanno coperto l’intera lunghezza dei negozi.
Chi è stato almeno una volta in questi centri outlet sa che sono quasi tutti costruiti in modo che ai clienti sembri di essere in una grande isola pedonale del centro di una piccola città. Tanto che si vedono famiglie intere camminare con passeggini e carrozzine e qualcuno porta anche i suoi amici a quattro zampe (i quali possono liberamente entrare nei negozi, dove qualche volta trovano articoli e accessori a loro dedicati).
Verso fine mattinata è sufficiente guardarmi intorno per osservare che la stragrande maggioranza delle persone ha almeno un sacchetto in mano. Nel frattempo noto che i negozi a più alta densità di clienti sono quelli per teenager. Quando arriva l’ora di pranzo non posso fare a meno di sentire un ragazzo che si lamenta con un amico: spera di chiudere la giornata “almeno con un sacchetto”, perché ancora non ha acquistato nulla. Ovviamente, per chi sente la necessità di accontentare il proprio stomaco, questi centri offrono anche bar, ristoranti, fast food, focaccerie, ecc. Ma o si è abili a calibrare gli orari oppure si rischia di trovarsi avvolti nell’ennesima lunga coda.
Finisco il mio shopping così velocemente da arrivare al parcheggio e vedere ancora automobili girare come topolini intrappolati in un labirinto in cerca di un’uscita: prosegue per molti la caccia al parcheggio, perché continuano ad arrivare persone. Vengo notato e individuato come potenziale “fornitore” di un parcheggio. Una donna manda il figlio a seguirmi così da occupare subito il posto per la loro auto: mi dice che stanno girando da parecchio e che spera di trovare qualcosa da comperare. Gli auguro di farcela e gli “regalo” il mio parcheggio.
Insomma, la crisi c’è, ma c’è anche tanta gente che, quest’anno come in passato, ha fatto acquisti durante i saldi. Com’è possibile? Difficile trovare una spiegazione univoca. Forse le “formichine” italiane stanno dando fondo ai risparmi accumulati negli anni pur di non perdere qualche “occasione griffata”. Forse hanno deciso di tagliare altre spese, così da non rinunciare a qualche novità nel proprio guardaroba. O forse ancora hanno sì acquistato, spendendo però meno dell’anno scorso, limando il proprio budget e rinunciando a qualche articolo che spesso viene comprato, perché particolarmente conveniente, ma poi resta chiuso nell’armadio.
Quale che sia la risposta sembra che la crisi ci offra un altro dei suoi “paradossi”, che si aggiunge ad altri più noti e di più ampia portata. Come quello per cui una crisi che scoppia in America porta sul baratro l’Europa e fa dell’Italia un novello Atlante dalle cui spalle dipendono le sorti del mondo intero. O quello per cui le banche centrali iniettano tanta liquidità nel sistema, ma poi allo sportello del credito è tutto più secco del deserto.
In conclusione, alcune brevi postille per chi si avventurerà in analisi socio-economiche sul fenomeno e per chi si affronterà in un duello a colpi di dati e cifre per dimostrare che quest’anno i saldi sono stati un flop o viceversa un successo. Innanzitutto, questo è stato il primo anno in cui si è deciso di far partire i saldi nello stesso giorno in tutta Italia (salvo alcune eccezioni). Fino all’anno scorso ogni regione decideva il calendario autonomamente. Capitava quindi che ci fossero vere e proprie “migrazioni” di clienti da una città all’altra, in una sorta di tour dei saldi. Questo aveva i suoi pro e i suoi contro. Tra i primi val la pena ricordare che se gli italiani si spostano per più giorni gira anche di più l’economia, come si suol dire. Tra i secondi basti pensare che se tutti convergevano in un unico punto, le code e le resse erano maggiori.
Seconda considerazione: alcuni negozi hanno comunque dato il via a promozioni già all’inizio della settimana con sconti fino al 40%. Di fatto si tratta di saldi, anche se formalmente non lo sono. Val la pena quindi fissare date e calendari nazionali quando poi i singoli negozianti (e i clienti questo lo sanno bene) agiscono autonomamente?
Senza dimenticare che – ultima nota – chi ne ha avuto geograficamente la possibilità è potuto anche andare a saldi oltre confine. In alcuni casi, infatti, le promozioni sono iniziate già la scorsa settimana. A mettere gli sconti troppo in là, si corre quindi il rischio di “regalare” clienti ai commercianti stranieri. Tanto più che all’estero, senza accise varie, si ha una buona occasione per fare il pieno senza salasso. E in tempi di crisi si fa presto a unire l’utile al dilettevole.