Questa mattina si è svolta una nuova udienza del processo in corso sulla morte della giovane studentessa genovese, Martina Rossi, morta il 3 agosto 2011 mentre si trovava in vacanza a Palma di Maiorca, in Spagna. La ragazza cadde dal sesto piano dell’albergo nel quale alloggiava e per la sua morte sono imputati due giovani aretini, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. Oggi in aula, come spiega Repubblica.it, è intervenuto il perito del pm, Marco Sartini, il quale ha definito incompatibile la caduta di Martina con la tesi del suicidio. Stando a quanto reso in aula dal perito, sulla base dei rilievi effettuati sulle foto realizzate dalla polizia spagnola, la giovane sarebbe caduta perpendicolarmente. “Se invece si fosse gettata dal balcone o qualcuno l’avesse spinta, la traiettoria avrebbe dovuto essere più arcuata, e il punto di impatto sul terreno sarebbe stato più distante rispetto al balcone della camera 609 che era occupata dai due aretini”, ha spiegato il perito Sartini. La tesi esposta oggi per la prima volta in aula è la medesima che avrebbe portato la procura di Arezzo a chiedere (ed ottenere) il rinvio a giudizio a carico di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi che dovranno rispondere delle accuse di tentata violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato.
LA TESI DEL MEDICO LEGALE
Nel corso della nuova udienza del processo in corso e che mira a fare luce sulla morte della giovane Martina Rossi, avvenuta quasi sette anni fa, è stato decisivo anche l’intervento del medico legale Marco Di Paolo e dell’esperta genetista Isabella Spinetti, i quali si occuparono entrambi degli accertamenti sulla salma di Martina, riesumata. I due hanno spiegato che non sarebbero emerse tracce di Dna dei due giovani imputati aretini sul corpo della vittima. Il cadavere di Martina era in pessimo stato di conservazione ma nonostante questo i due esperti avrebbero appurato che le fratture riscontrate risulterebbero compatibili con la caduta, così come quella alla mandibola. Quest’ultima frattura, secondo la posizione della parte civile, sarebbe stata procurata come conseguenza di un cazzotto sferrato nel corso di un tentativo di violenza sessuale. Eppure, non la penserebbe così il medico legale che oggi in aula ha ribadito: “Se si fosse trattato di un pugno sarebbe stato così violento da far svenire Martina, senza darle il tempo di portarsi fino al balcone”.