La morte di una bambina di sei anni è un evento che tocca tutti noi profondamente. E’ facile immaginarla mentre va a scuola con la cartella nuova, tipica di un’alunna di prima elementare, mentre gioca con le sue amiche, o mentre fa i compiti a casa sotto lo sguardo affettuoso dei suoi genitori. Più difficile è immaginarla in ospedale, con la sintomatologia tipica della meningite e infine con l’arresto cardiaco che ne ha causato la morte. Il tutto in una manciata di poche ore.
Ogni genitore, se pensa alla propria figlia nello scenario tipico della normalità di una bambina di sei anni, entra in una comprensibile crisi di panico se immagina che potrebbe succedere anche alla sua bambina. E i genitori di Rozzano, non appena avuta la conferma che si trattava di meningite, si sono affrettati a portare i propri figli a casa, in un contesto che immaginavano assai più protetto. Lo hanno fatto per prudenza, ma anche per protesta perché la profilassi contro la meningite è stata fatta solo ai compagni di classe della piccola, mentre le sue occasioni di incontro con tutti gli altri bambini della scuola erano frequenti anche alla mensa o nel cortile della scuola.
Genitori prudenti, spaventati e arrabbiati: tre modalità diverse che definiscono bene la loro voglia di proteggere i figli contro tutto e contro tutti. Sono l’altra faccia di quegli altri genitori che invece, solo pochi mesi fa, vociavano sotto il ministero della Salute, dichiarando il loro rifiuto verso i vaccini e dando vita a quel movimento No-Vac che ha drammaticamente accompagnato il dibattito parlamentare durante l’approvazione della legge. Genitori fai-da-te, che protestavano contro l’obbligatorietà dei tanti vaccini imposti per legge ai propri figli.
Ma la notizia di oggi colpisce ancor più dolorosamente perché la bambina era vaccinata e i suoi genitori avevano fatto di tutto per proteggerla. Colpisce perché lascia sgomenti tutti i genitori: quelli che hanno aderito convintamente alla campagna pro-vaccini e quelli che vi si sono opposti, ritenendola inutile, dannosa, e a volte perfino persecutoria. Ma è il grande mistero della medicina, che pur fondata su conoscenze scientifiche rigorose, non ha il determinismo delle scienze esatte. Il rischio è parte integrante della vita ed è sempre presente nell’agire dei medici, anche i più esperti: è sempre questione di probabilità e il calcolo delle probabilità non sfugge alla perenne limitatezza delle nostre conoscenze. Anche quando pensiamo di sapere molto, scopriamo che forse non era abbastanza.
Davanti al mistero di questa morte, tanto più dolorosa perché ha colpito davvero prematuramente, fin troppo prematuramente, al medico non resta che prendere atto dei suoi limiti e rimettersi a studiare, seriamente. Mentre ai genitori della scuola di Rozzano possiamo solo ricordare che il rischio infezioni è sempre presente e dopo aver fatto tutto il possibile, non resta che sperare e cercare di garantire ai figli le migliori condizioni possibili di salute. Ma il rischio sarà sempre parte della vita. Volerlo cancellare del tutto significa rinunziare a vivere e soprattutto a far vivere felici i bambini. La prudenza non può diventare un ossessione, perché in questo caso diventa essa stessa patologica.