Hanno arrestato in Spagna i genitori di Ashya, un bambino di cinque anni affetto da una forma gravissima di tumore cerebrale, che in meno di un mese lo ha ridotto alla sedia a rotelle e in uno stato semi-catatonico. Operato all’ospedale di Southampton, in Inghilterra, è stato portato via di lì nel cuor della notte dai suoi stessi genitori, fatto che ha scatenato una caccia all’uomo in tutta Europa; il suo rapimento a detta dei medici, ne avrebbe gravemente compromesso lo stato di salute, a rischio della vita, in quanto il bambino è dipendente da un dispositivo elettronico per la nutrizione, la cui alimentazione è difficile da regolare e mantenere.
Il padre, Brett King, 51 anni, ha diffuso un video su YouTube per difendere la decisione sua e della moglie, la mamma del bimbo; appare lucido, determinato e parla in modo ragionevole, spiegando che hanno portato via il figlio per offrirgli cure migliori, una nuova terapia protonica che gli avevano rifiutato al Southampton General Hospital, dove comunque la diagnosi offerta era infausta, meno di un mese di vita.
Ora, arrestati a Malaga, attendono i giudici inglesi a cui spetterà il compito di decidere della loro sorte: il piccolo, sottratto alla loro custodia, è nuovamente in ospedale, solo.
La vicenda è oggetto di numerosi commenti e giudizi generalizzati, si tira in ballo anche il credo religioso dei genitori, che pare siano Testimoni di Geova; è risaputo infatti che i TdG rifiutano trapianti di midollo e trasfusioni di sangue, procedure comunque non previste per il bambino malato.
In effetti è un terreno molto infido su cui muoversi; prima di esprimere qualsiasi opinione a alta voce, verrebbe da dire “scagli la prima pietra chi è senza peccato” citando evangelicamente una frase che contiene tutto il nostro sconcerto, la paura, il senso di colpa e impotenza che prende un padre e una madre di fronte a un figlio malato, ancor più se in pericolo di vita. Ma di chi è la vita di un figlio?
Certo non dei genitori, che comunque lo hanno accolto e gli vogliono bene, si spera, anzi, vogliono il suo bene, ciò che di meglio esiste per lui; eppure non lo posseggono, non è loro la sua vita; strano, in certi Paesi europei hanno però introdotto l’eutanasia per bambini per cui è chiesto il consenso genitoriale.
Non è neanche dei medici o dei giudici la vita dei nostri figli: ma ne siamo sicuri?
Questa vicenda non ci insinua forse dei dubbi, tali per cui i genitori non sarebbero le persone adatte per decidere cosa è meglio per quel figlio, e di conseguenza vengono ricercati e arrestati come criminali?
Dei medici invece è il potere di “dare” la vita di nuovi figli a persone potenzialmente sterili; o del tutto sterili, vedi la fecondazione eterologa, che però è stata forzata nella sua realizzazione proprio dalle sentenze dei giudici, almeno in Italia.
Si potrebbe obiettare che i figli, allora, sono uomini liberi, riconosciuti nei loro diritti da uno Stato democratico, che mette in atto dei meccanismi di difesa in caso di violazione degli stessi. Peccato che quello stesso Stato legittimi la loro soppressione in utero, con l’aborto legalizzato.
La contraddizione è profondissima, è una ferita aperta, è il baratro del nostro mondo.
La civile modernità, il pensiero del libero Occidente mette al centro l’individuo e i suoi diritti, di essere chi vuole, del sesso che vuole, di sposare chi vuole, di avere o non avere i figli che vuole, addirittura di usare un altro (un utero affittato) per averli; e pure disconoscerli, secondo contratto giuridico (vedi il caso di Gammy, thailandese) se down, cioè imperfetto.
Da questo si può dedurre che al centro di tutto si pone sì l’individuo, ma non chiunque, solo chi ha potere; in qualche forma, politica, ma economica soprattutto: chi si può pagare le cure migliori, gli avvocati, gli uteri. E chi è debole, povero, muto o non nato, è sopraffatto. È ucciso.
Questo è il mondo in cui viviamo, ne siamo consapevoli?
Ci va bene?
Glielo spieghiamo ai nostri figli? Non serve, loro lo capiscono da sé, frequentando i media, il web, ne assimilano il concetto come un distillato sottile.
Vorrei che non fosse così; vorrei che ci fosse un altro modo di pensare, di vedere le cose, una giustizia ideale, una speranza di bene per tutti.
Ma questa speranza non viene da sé; non nasce spontanea nel cuore dell’uomo: guardiamo con orrore alle conseguenze delle diverse ideologie, i loro effetti devastanti nel Novecento, i terribili effetti delle guerre scatenate adesso, da sedicenti califfi che donano morte in nome di un potere tutto umano che manipola anche dio.
Guardiamo l’infelicità che si spande nel nostro Mondo Occidentale: anche chi ha il diritto di avere tutto non ne ha scampo.
Scusate, io voglio stare fuori.
Non pulita, come Ponzio Pilato. Ma fuori fuori, cioè dentro di me. Ribaltando il pensiero liquido, asfissiante e galleggiante; voglio essere ancorata a un pensiero Altro. In cui si possa cominciare a distinguere il Male dal Bene.