Una storia che si ripete. Una storia di bellezza all’interno di una tragedia. E’ la storia di amicizie, di sguardi e di silenzi. E’ la storia di solidarietà che con una spontaneità che nasce dal cuore arriva all’improvviso, così come la morte e la devastazione solo poche ore prima. Si riempiono le tendopoli di voci di bambini che corrono. Piccole comunità che si ritrovano, che si raccontano, che piangono insieme, che pregano insieme. Il tempo è tutto sommato clemente e la gente comincia a prendere coscienza di quanto è accaduto. Tutto questo mentre vigili del fuoco e volontari ancora stanno scavando nelle macerie. Troppe persone mancano all’appello e la speranza di ritrovare qualcuno vivo si rafforza ogni volta che si sente un lamento, ogni volta che una persona viene estratta ancora in vita dalle macerie. E ogni volta si grida al miracolo. E ogni volta è un miracolo. “Il miglior commento al Vangelo di oggi è la preghiera per tutti coloro che stanno vivendo la tragedia del terremoto. Noi sappiamo bene quanto fa male! Preghiamo uniti perché il Signore dia la forza necessaria”, scrive don Luigi Maria Epicoco, parroco aquilano che ha vissuto questi momenti in prima persona. E proprio oggi il Vangelo parla della morte che arriva all’improvviso come un ladro… o come un terremoto.
Ma la vita continua e si cerca di renderla il più tranquilla possibile. Così nelle tendopoli si sorride anche leggendo il menù del giorno, come se si fosse al ristorante. Un aiuto che arriva dalla Federazione italiana cuochi che è al lavoro per fornire pasti a sfollati e soccorritori. Tortiglioni all’amatriciana, cubetto di suino alle erbe aromatiche, insalata arcobaleno il pranzo servito oggi. Per la cena, considerato il calo delle temperature, sotto i 15 gradi, per tutti zuppa di legumi e speck, medaglione di vitello ai pomodori secchi e olive taggiasche, accompagnato da verdure di stagione al timo.
I bambini giocano e chi li intrattiene cerca di non farli pensare alla paura vissuta, toccherà agli psicologi impegnarsi per far superare loro traumi pesanti.
E mentre si cercano i dispersi, si salvano vite e si piangono i morti si comincia a fare la conta dei danni. Paesi interi da ricostruire, case distrutte. E mentre si guarda a Norcia, che ha subìto pochi danni grazie a un’intelligente forma di edilizia sicura, si pensa a chi ha realizzato nel Reatino una scuola antisismica nel 2012, appena quattro anni fa che antisismica non si è dimostrata. E meno male che il terremoto è successo d’estate. La Regione Marche stanzia fondi per l’emergenza, il Governo pure. Tanti morti ma meno danni di quello dell’Aquila.
Il patrimonio artistico e monumentale è sicuramente minore. Oltre alle chiese e al museo di Amatrice, e a tante chiese sparse tra i monti merita menzione quella di Sant’Agata, a Spelonga. Una delle frazioni più piccole di Arquata del Tronto, che a 48 ore dal sisma è raggiungibile solo dai soccorritori. Un paese sui Monti della Laga, il versante ascolano di una montagna che divide le Marche dall’Abruzzo. Terra di boscaioli, di una religione tramandata nei secoli fatta più di devozione e lavoro che di contemplazione.
Lo dimostra la bandiera-reliquia custodita in chiesa. Una bandiera del XV secolo proveniente direttamente dalla Battaglia di Lepanto. Una bandiera da combattimento con stemma musulmano che fu strappata nella Battaglia di Lepanto ad una nave turca nel 1571 dagli spelongani. Custodita in una teca di vetro, è posta a sinistra dell’altare maggiore. Devozione e forza degli abitanti del luogo, circa 150, che si aggregarono a chi dal Nord scendeva per affrontare le crociate. Spelonga sceglieva l’albero più bello del bosco, che diventava albero maestro di una delle navi cristiane. Gli spelongani, che poco o nulla avevano a che fare con il mare, parteciparono attivamente alla fornitura del legname, alla costruzione delle navi ed al conflitto, in quanto reclutati dalla Chiesa che aveva bisogno di uomini combattenti valorosi e forti da mandare in battaglia. Il carteggio della presenza degli abitanti di Spelonga è custodito nella Biblioteca Vaticana e periodicamente si rievoca questa vittoria. Questi uomini forti saranno i primi a lavorare per ricostruire il paese. Sarà una vittoria anche questa, come quella di Lepanto dove morirono 40mila persone.
Il terremoto riporta alla luce storie lontane nei secoli, lotte, battaglie e preghiere. Ieri come oggi si guarda al futuro ritrovando lo spirito di comunità. Spirito forte che guarda alla vita. Più Gemeinschaft e meno Gesellschaft per ritrovare il sorriso dentro una tendopoli.