Tra i santi e i beati che la Chiesa cattolica celebra il 6 aprile, un posto di particolare rilievo è occupato da San Pietro da Verona. Nato verso la fine del dodicesimo secolo, faceva parte di una famiglia catara dalla quale decise presto di distaccarsi. Dopo aver studiato a Bologna, decise di entrare a far parte dell’Ordine dei Frati Predicatori quando il suo fondatore, Domenico da Guzman, era ancora vivo. Le fonti storiche dell’epoca lo citano tra coloro che dettero impulso alla fondazione delle Società della Fede, istituzioni nate in funzione di veri e propri bastioni delegati alla difesa della dottrina cristiana e in particolare alla nascita della Confraternite Mariane sorte a Perugia, Firenze e Milano. Il suo operato toccò una lunga serie di conventi domenicani nel periodo tra il 1232 e 1234, mentre due anni più tardi lo ritroviamo attivo nel Centronord in qualità di predicatore, impegnato a contrastare l’eresia dualistica. Nel 1244 fu inviato a Firenze, dove ebbe un durissimo scontro con la fazione eretica culminata nella condanna dei Baroni, oltre che del podestà di Bergamo che si era eretto a loro protettore. La sua attività lo vide però protagonista in particolare a Milano, dove alle dispute di carattere dottrinale con i suoi avversari si accompagnarono prodigi che allargarono a dismisura la sua fama e spinsero molti a ritornare sotto l’ala della Chiesa cattolica lasciata in precedenza. Nel 1251 fu nominato inquisitore da papa Innocenzo IV, e i luoghi della sua attività furono Milano e Como. Una lotta resa estremamente complicata dalla diffusione sempre più larga delle tesi eretiche. Un anno più tardi, nel corso della domenica delle palme, San Pietro predisse la sua imminente uccisione ad opera degli eretici, assicurando allo stesso tempo i fedeli che i suoi avversari sarebbero stati da lui combattuti anche da morto. Una profezia resa plausibile dal fatto che le sette eretiche lo vedevano ormai come il fumo negli occhi, tanto da spingersi a conferire l’incarico di ucciderlo a due sicari, Albertino Porro da Lentate e Pietro da Balsamo, noto anche come Carino. L’agguato mortale avvenne nei pressi di Meda, dove San Pietro si era fermato per fare colazione insieme a Domenico e ad alcuni confratelli nel corso del tragitto che da Como doveva portarli nel capoluogo lombardo. Era il sei di aprile del 1952 e mentre Albertino aveva deciso di soprassedere al suo incarico, Carino colpì Pietro sulla testa con una falce per poi completare l’opera con un lungo coltello. Anche Domenico fu colpito a morte, spirando qualche giorno dopo nel convento delle Benedettine di Meda, a causa delle ferite riportate.
Secondo l’agiografia, prima di morire San Pietro avrebbe intinto un dito nel proprio sangue per poi scrivere la parola Credo per terra. Va peraltro ricordato come il suo uccisore si sarebbe in seguito pentito sino a rientrare nell’alveo della Chiesa cattolica e morire in fama di santità a Forlì, presso il locale convento domenicano. Come fece del resto uno di coloro che avevano ordito il suo assassinio, il vescovo Daniele da Giussano. Immediatamente trasportato a Milano, il corpo di San Pietro fu oggetto di esequie cui partecipò una grande folla commossa, per poi essere sepolto nel cimitero dei Martiri, nei pressi del convento di Sant’Eustorgio. L’immediata diffusione di notizie riguardanti prodigi e il clamore suscitato dall’episodio spinsero ben presto Innocenzo IV a canonizzarlo nella chiesa domenicana di Perugia, il 9 marzo del 1953, dando il via ad un culto estremamente fiorente. In ogni parte del mondo i domenicani provvidero ad innalzare chiese e cappelle a lui dedicate, mentre molti artisti lo raffiguravano nelle loro opere e molte città italiane lo eleggevano a loro protettore, tra cui Verona, Cremona, Vicenza, Cesena, Spoleto, Como, Rieti e Piacenza.