Nel computer di Ruby è stato trovato il suo diario, contenente una serie di informazioni che, se confermate, risulterebbero decisive nel processo per a carico di Berlusconi.
Potrebbe rivelarsi una miniera di informazioni, quelle decisive, capaci di gettar luce sulla questione dirimente, ovvero la conoscenza di alcune circostanze che renderebbero l’imputato colpevole. Oppure, l’ennesimo nulla di fatto. E’ stato trovato il diario di Ruby, nel suo computer, posto che lei, probabilmente, credeva a prova di scasso. «Trattiamola non come se fosse un pentito, ma come un testimone di mafia. Bisogna cercare i riscontri di quello che dice», è il pensiero di Pm, che si muovono secondo questa direttiva metodologica anche nell’affrontare il contenuto del diario.
Tanti gli aneddoti e i racconti che confermerebbero, almeno, i contorni della vicenda. Come l’incontro con Emilio Fede, conosciuto ad uno dei tanti concorsi di bellezza cui partecipava. Fu poi Fede a farle conoscer Lele Mora, il quale, a sua volta, la introdusse al Chiambretti Night Show. «Lo stesso Mora si dimostrò molto favorevole al mio inserimento nella sua agenzia facendomi poi lavorare al “Chiambretti night”, ignaro del fatto che io fossi minorenne». Da Lele Mora ad Arcore il passo è breve. Un giorno il manager dei vip la chiama, le dice che dovrà partecipare ad una cena. Ruby è convinto che si dovrà limitare a fare immagine, ma la vengono a prendere due macchine, di cui una dei carabinieri.
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La portano a Villa san Martino. Con il premier. Di quella sera si è già detto tanto. Berlusconi, le trenta ragazze, la canzone che il premier dedica alla giovane marocchina. Poi, il bunga bunga. «il suo harem personale, nome copiato dal suo caro amico libico Gheddafi». Ruby non ci sta. «lo mi rifiutai dicendo che volevo andare a casa. Il presidente mi chiamò nel suo studio e mi disse che avrebbe potuto cambiare la mia vita. Risposi che avrei accettato se lo avesse fatto per umanità ma non per avere un tornaconto».
Qui, si aggiunge un particolare, una sfumatura, finora, inedita: «Si mise a ridere e con tono sarcastico mi disse che non cercava tornaconto e che lui poteva avere tutto quello che voleva. lo gli risposi che io non ero tra “quel tutto”. Si mise a ridere e mi diede una busta». Nella busta, vi trovò «collier d’oro con diamanti di Damiani insieme a 46 mila euro». Uno sfogo, infine, contro il pm procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno: «Non vuole arrivare a me, cioè, lui, il suo interesse non è arrivare a sapere cosa faccio io, lui vuole arrivare a colpire Silvio Berlusconi e Lele Mora, capito?».