“Chi fa veramente l’esperienza del perdono, sente una chiamata al cambiamento della vita: non si può fare esperienza della misericordia di Dio, del suo perdono e poi rimanere chiusi in se stessi”. Lo ha detto ai microfoni di Radio Vaticana padre Rosario Gugliotta, custode della Porziuncola, in occasione della Solennità del Perdono di Assisi. “L’esperienza della misericordia – ha aggiunto – è un’apertura totale a Dio e ai fratelli. Chi sperimenta la misericordia di Dio, sente che il cuore cambia soprattutto con i fratelli. Questo cuore che ottiene misericordia non può che poi diventare misericordioso con gli altri e dare misericordia ai fratelli”.
“Se siamo davvero figli amati di un Padre amante, perché ci risulta ancora così difficile chiedere perdono a Dio? Perché è così difficile perdonare noi stessi e gli altri? Che cosa ci tiene prigionieri di questo circolo vizioso per cui ci sentiamo ancora schiavi?”. Sono le domande poste da padre Michael Anthony Perry, Ministro Generale dei Frati Minori, nell’omelia per la solenne celebrazione di Apertura del Perdono d’Assisi nella Basilica papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. “Forse perché non abbiamo ancora aperto completamente il nostro cuore alla misericordia e alla compassione di Dio e non ci siamo ancora aperti incondizionatamente al suo perdono – ha aggiunto – Molti di noi continuano a credere che l’amore di Dio non sia abbastanza forte da superare i peccati che abbiamo commesso e i tentativi falliti di vivere da veri discepoli di Cristo”. Clicca qui per leggere il testo integrale
Migliaia di pellegrini sono giunti in queste ore alla Porziuncola per la Solennità del Perdono di Assisi. Alle 21.30 di ieri si è tenuta la veglia di preghiera e la processione presieduta da padre Claudio Durighetto, ministro provinciale dei Frati Minori dell’Umbria. “L’indulgenza – ha detto – richiede che ci si sia confessati e comunicati, che si visiti devotamente questa chiesa, recitando il Credo e che si preghi secondo le intenzioni del Papa. Non si tratta solamente del perdono dei peccati, che si ottiene con la confessione, ma di una riconciliazione più profonda, di una guarigione, di una conversione. Abbiamo a che fare qui con le conseguenze del peccato, che lascia comunque una traccia di male in noi e fuori di noi; si stratta del nostro pentimento che può non essere perfetto, di una certa convivenza col peccato, che richiede comunque una purificazione”. Clicca qui per leggere il testo integrale della meditazione
A partire da oggi, 1 agosto 2015, sarà possibile ricevere il cosiddetto Perdono di Assisi. Migliaia di fedeli si recheranno quindi fino alla mezzanotte del 2 agosto alla Porziuncola (la piccola chiesa situata all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi) per ottenere l’indulgenza plenaria concessa dalla Chiesa cattolica. Ma come nasce la tradizione del Perdono di Assisi? La tradizione narra che nel luglio del 1216 San Francesco fosse assorto in preghiera nella Porziuncola quando ebbe in visione Gesù e la Madonna.
I due apparvero a Francesco nella loro gloria celeste, circondati dagli Angeli. Gesù Cristo parlò al suo fedele servitore e gli permise di esprimere un desiderio per la salvezza delle anime. San Francesco, prontamente, chiese la remissione di tutti i peccati per i fedeli che avessero visitato quella chiesa, con animo sinceramente pentito. Il Cristo sorrise benevolo a Francesco: ciò che chiedeva era davvero una grande grazia, pure la concesse, e disse di farlo per i molti meriti che San Francesco si era meritato ai Suoi occhi. Un’unica clausola venne posta, e cioè che il papa, vicario di Cristo in Terra, approvasse tale indulgenza. San Francesco, ovviamente, non se lo fece dire due volte: la mattina successiva si mise in cammino verso Perugia dove si trovava papa Onorio III, eletto da poco al soglio pontificio.
A quei tempi era uso che l’indulgenza plenaria, ovvero la remissione di ogni peccato, potesse essere concessa solo a seguito della cessione di un obolo o di un grande pellegrinaggio di massa. San Francesco cercò invece di chiedere una formula diversa, e la ottenne, con un’unica restrizione, ovvero che l’indulgenza sarebbe stata concessa solo in una giornata, ovvero il 2 di agosto. In un primo tempo, quindi, l’indulgenza plenaria veniva elargita ai fedeli che si recassero in visita nella cappella della Porziuncola nel tempo compreso tra la mezzanotte del 1 agosto e la mezzanotte del 2 agosto; in seguito questa pratica è stata estesa a tutte le chiese francescane. Oggi, quello che è ancora noto come il Perdono di Assisi vale anche in tutte le chiese parrocchiali.
Le altre specifiche cui ci si deve attenere per ottenere il perdono dei peccati, per sè o per un caro defunto, sono: aver ricevuto il sacramento della confessione nell’arco degli otto giorni precedenti al giorno del 2 agosto; avere ricevuto il sacramento della Comunione; pregare secondo le intenzioni del Santo Pontefice e recitare le preghiere del Padre Nostro, dell’Ave Maria, del Gloria al Padre e infine la professione di fede, ovvero il Credo.
Fratelli e Sorelle, è una notte santa, questa notte: è la notte della Misericordia e del Perdono!
Siamo chiamati a vegliare in preghiera, con gratitudine, con gioia, per il dono di grazia che con tanta abbondanza ci viene elargito, nella festa della Porziuncola, attraverso la fantasia della carità di san Francesco, servo di Dio e nostro fratello, attraverso la materna intercessione della Vergine Maria, Regina degli Angeli.
Nella seconda lettura che abbiamo appena ascoltato viene tracciata una descrizione che potrebbe sembrare idilliaca, ma che in realtà è spirituale, delle prerogative della Porziuncola e dunque degli insegnamenti e dei benefici che da essa possono essere tratti, specialmente oggi, e domani 2 agosto, data che ricorda la dedicazione di questa chiesetta della Porziuncola: la piccola chiesa di Maria diventata la casa madre di tutta la grande famiglia francescana, la patria di tutti coloro che amano la pace e che cercano accoglienza e misericordia. L’umile chiesetta dedicata alla Regina degli Angeli sembra diventare così quelterebinto, di cui abbiamo sentito nella prima lettura, che ha esteso i suoi rami di maestà e bellezza, e quella vite, che ha prodotto germogli graziosi e i suoi fiori, frutti di gloria e di ricchezza. Una casa che tutti accoglie, perché ciascuno possa conoscere e sperimentare l’amore di Dio. La gloria di Dio è l’uomo vivente, l’uomo redento, l’uomo riconciliato, salvato.
La Vergine della Porziuncola in questa sua chiesa, in questa sua festa, afferma ancora le parole che abbiamo ascoltato: Io sono come un canale derivante da un fiume e come un corso d’acqua sono uscita verso un giardino… Ed ecco il mio canale è diventato un fiume, il mio fiume è diventato un mare. È il mare della divina Misericordia, nel quale siamo tutti invitati a immergerci, per rinnovare la nostra vita, come in un immenso battistero, per ritrovare la grazia del nostro battesimo, dell’amicizia con Dio, della vita nuova che ci è stata conquistata e donata da Cristo Signore.
Cerchiamo di comprendere meglio questa indulgenza plenaria, senza oboli, che Francesco ha voluto legata alla Porziuncola. L’indulgenza si ottiene dalla Chiesa, che amministra il tesoro dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo e dei Santi e li riversa su di noi, sui vivi a mo’ di assoluzione, sui defunti a mo’ di suffragio. L’indulgenza richiede che ci si sia confessati e comunicati, che si visiti devotamente questa chiesa, recitando il Credo e che si preghi secondo le intenzioni del Papa (Pater, Ave, Gloria). Non si tratta solamente del perdono dei peccati, che si ottiene con la confessione, ma di una riconciliazione più profonda, di una guarigione, di una conversione. Abbiamo a che fare qui con le conseguenze del peccato, che lascia comunque una traccia di male in noi e fuori di noi; si stratta del nostro pentimento che può non essere perfetto, di una certa convivenza col peccato, che richiede comunque una purificazione.
L’indulgenza è legata al pellegrinaggio, qui alla Porziuncola (per elargire al massimo questo dono, i Papi hanno concesso che si possa ottenere il 2 agosto in tutte le chiese francescane e in tutte le chiese parrocchiali del mondo) e dunque prevede un movimento, interiore prima di tutto, verso il rinnovamento della propria vita: infatti l’indulgenza costituisce un invito, una sfida a camminare su vie nuove, nella verità, nella giustizia e nella pace. Tra l’altro, è importante ricordare che per ottenere l’indulgenza si richiede anche l’esclusione di ogni attaccamento, di ogni affetto verso qualunque peccato, anche veniale. Potremmo dire che l’indulgenza costituisce un bagno di grazia, un’opera di bonifica profonda del nostro io ferito, una guarigione della nostra volontà compromessa col male, perché richiede una chiara scelta di campo: una nuova e totale apertura alla grazia, verso la pienezza dell’amore.
E così la Porziuncola diviene per noi, come l’ha conosciuta Francesco, come una porzione di cielo, uno scampolo di paradiso, ma non solo per lasciarci intravedere la gloria futura, bensì per permetterci di attingere nel presente alla grazia divina e farci cristiani nuovi, convinti, diversi.
Rendiamo grazie a Dio per la sua infinita misericordia, per la sua grande indulgenza, che ha il suo vertice nella Croce del Salvatore, nella sua obbedienza filiale, nel suo sacrificio d’amore. Rendiamo grazie alla Vergine Maria, Regina degli Angeli e Madre di Misericordia, umile ancella del Signore; rendiamo grazie a santo Francesco, che oggi ci aiuta a fare di noi creature nuove, un popolo nuovo, umile e devoto, semplice e lieto. Ci doni di accogliere l’“indulgenza” di Dio e di vivere noi stessi nell’“indulgenza”: nella bontà che sa perdonare, compatire, scusare le colpe, gli errori, i difetti altrui, in quella carità che sa accogliere ed edificare. Ci doni di imparare a costruire relazioni nuove, nella famiglia, nelle comunità, nella Chiesa, nella società, come la prima fraternità della Porziuncola stretta intorno all’umile Francesco.
Nella Lettera ai Galati, san Paolo ricorda agli abitanti della Galazia e anche a ciascuno di noi, convenuti qui per questa solenne celebrazione del Perdono d’Assisi: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio” (Gal 4, 6-7).
Figlio di Dio ed erede del Regno di Dio: questo siamo diventati attraverso il Battesimo e attraverso la vittoria di Gesù sull’odio, sul male e su tutte le altre forze negative che sono ancora all’opera nel mondo oggi. Siamo figli amati di un Padre colmo di grazia e di amore. Perciò siamo chiamati a gridare: “Abbà!” cioè: “Padre!”. Non siamo più schiavi, nonostante portiamo ancora le ferite della schiavitù; nonostante magari non ci sentiamo ancora del tutto accolti né completamente perdonati; nonostante siamo feriti dal fatto di non riuscire a perdonare chi ci sta vicino – la moglie, il marito, i figli, i genitori, i vicini, i colleghi di lavoro e tutti coloro che teniamo schiavi nella nostra mente e nel nostro cuore.
Se siamo davvero figli amati di un Padre amante, perché ci risulta ancora così difficile chiedere perdono a Dio? Perché è così difficile perdonare noi stessi e gli altri? Che cosa ci tiene prigionieri di questo circolo vizioso per cui ci sentiamo ancora schiavi? Forse perché non abbiamo ancora aperto completamente il nostro cuore alla misericordia e alla compassione di Dio e non ci siamo ancora aperti incondizionatamente al suo perdono. Molti di noi continuano a credere che l’amore di Dio non sia abbastanza forte da superare i peccati che abbiamo commesso e i tentativi falliti di vivere da veri discepoli di Cristo. Una volta è venuto da me un ex-militare e mi ha confessato di aver ucciso un uomo durante la guerra in Kuwait. L’aveva già confessato diverse altre volte, ogni volta mendicando perdono e misericordia per la vita umana che aveva brutalmente ucciso. Ma era come se non gli bastasse sentirsi dire ogni volta: “Dio ti perdona, perché ti ama e perché tu sei davvero pentito e gli chiedi perdono”. Nonostante queste parole, non riusciva a togliersi dalla testa quel peccato d’omicidio. Questo era il suo fallimento: non riuscire ad accettare il perdono di Dio. E questo fallimento non gli permetteva di amare e accettare se stesso, di amare e accogliere sua moglie, di amare e fare spazio nella sua vita ai suoi figli e a tutti coloro che gli erano cari e gli stavano vicino. Le conseguenze laceranti del suo peccato restavano lì e gli impedivano di sperimentare davvero la libertà che Dio gli offriva continuamente.
Quanti di noi hanno commesso gravi azioni, contrarie all’amore di Dio e del prossimo? Quanti di noi trovano difficoltà nel perdonarsi i gravi errori commessi in passato? E, a motivo di tutto ciò, quanti di noi si ritengono incapaci di perdonare il prossimo, di “rendere libero” il prossimo, in modo da poterlo abbracciare per quello che realmente è, cioè figlio amato di Dio, nostro fratello (o sorella) nel Signore Gesù? Come Papa Francesco ci ricorda nella Misericordiae Vultus [par. 2], invitandoci a celebrare l’Anno Santo della Misericordia: “Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”.
“La speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato!” Questo è il significato della celebrazione del Perdono d’Assisi. Siamo qui, davanti a Dio, davanti alla Chiesa, gli uni davanti agli altri, tutti peccatori e tutti figli amati di Dio, pronti ad ascoltare ancora una volta parole di speranza e di libertà. Ogni anno veniamo ad Assisi per lasciare che Dio ci aiuti ad aprire il nostro cuore alla speranza di essere amati per sempre! Proprio questa speranza di essere amato e perdonato per sempre ha fatto sì che San Francesco capisse la rivelazione che gli era stata concessa qui alla Porziuncola nel 1216, mentre era tutto assorto in preghiera. Francesco ha ammesso le sue debolezze, i suoi peccati, la sua mancanza di fede in Dio. Come ciascuno di noi, anche lui portava addosso le cicatrici del peccato, che ci sfigurano e ci rendono incapaci di amare e di perdonare. San Francesco, però, portava anche nel suo cuore il desiderio ardente di ottenere la misericordia e il perdono di Dio e di diventare messaggero per il mondo di queste grazie speciali. Egli voleva che la grazia della misericordia e del perdono di Dio fosse viva nel cuore dei suoi frati. E voleva che questi doni venissero offerti a tutta l’umanità e a tutto il creato, come il Cantico delle Creature ci lascia intendere. Così san Francesco desiderava che il perdono di Dio potesse condurre sulla via della riconciliazione, la quale, a sua volta, avrebbe raggiunto gli estremi confini del mondo.
Come abbiamo sentito all’inizio di questa celebrazione eucaristica, proprio mentre si trovava in preghiera, San Francesco vide un raggio di luce che illuminava l’amore e la pace di Gesù, con sua Madre, Maria, lì accanto a lui, e gli Angeli che testimoniavano la misericordia e il perdono per tutti coloro che si rivolgono a Dio. San Francesco chiedeva semplicemente che tutti potessero sperimentare nella propria vita l’amore senza limiti e il perdono travolgente di Dio. Inoltre, desiderava che tutti potessero vivere insieme nella pace e nella gioia del Cristo, celebrando il dono dello Spirito di adozione a figli amati di Dio e coeredi del Regno. Così, san Francesco sperava che la sua vita, quella dei suoi fratelli e di tutti quelli che chiedevano perdono a Dio con cuore aperto e limpido sarebbe diventata un dono reciproco di beatitudine e una testimonianza della gioia del Vangelo.
Carissimi Sorelle e Fratelli, vi auguro che questa chiamata alla beatitudine diventi il dono che ciascuno di noi riceve durante questa celebrazione del Perdono d’Assisi, qui e in ogni chiesa francescana o parrocchiale in ogni parte del mondo. Vi auguro di diventare, secondo quel che dice Papa Francesco, “Missionari della Misericordia”, persone che portano l’amore, la giustizia e la riconciliazione di Dio a tutta l’umanità e a tutto il creato! Vi auguro che la grazia del Perdono d’Assisi trasformi la vostra vita, cosicché possiate: essere poveri con i poveri di Dio; piangere con coloro che piangono; essere miti con coloro che sono stati resi miti dalla povertà e dall’indifferenza; avere fame e sete di giustizia; essere misericordiosi in ragione della misericordia ricevuta da Dio; cercare sempre la purezza del cuore e delle intenzioni, aprendo la vostra vita al mistero dell’amore di Dio; diventare autentici strumenti della pace di Dio, costruttori di pace in un mondo ferito e diviso; accogliere la croce e la sofferenza che deriva dell’essere uomini e donne di misericordia e di perdono, che mai si tirano indietro e che non impediscono a nessuno di sperimentare la misericordia, l’amore e la potenza riconciliatrice dello Spirito di Dio.