Continuano gli abusi sui cristiani in Pakistan, dove è anche difficile per loro avere giustizia. Lo dimostra il caso di Saiba, una bambina di tre anni che è stata seviziata da un islamico. Il caso rischiava di essere archiviato, ma solo il coraggio della madre ha impedito che il processo sfumasse. Ora però la donna si è ritrovata sola e senza aiuti nella sua battaglia legale. Senza più risorse per sostenere le spese del processo, Catherine Bibi ha lanciato un appello: «Prego per una condanna esemplare», ha dichiarato la donna alla stampa pachistana. Il processo però si è arenato: sono passati sette mesi e dell’imputato non c’è ombra. Muhammed Abbas non si è presentato a nessuna delle udienze. «Mia figlia non ha alcuna colpa, è stata sottoposta alla più brutale e malvagia delle aggressioni da un uomo senza morale», ha aggiunto la madre di Saiba.
I fatti risalgono allo scorso 17 dicembre, quando Catherine Bibi lascia la piccola alle cure del fratello maggiore, di dieci anni, perché doveva recarsi a lavoro. Non deve sorprendere che la piccola sia stata affidata ad un minore, visto che in Pakistan non ci sono servizi e tutele per le madri lavoratrici. Muhammed Abbas, come ricostruito dall’Avvenire, si è fatto aprire dal ragazzo, suo conoscente, e poi lo ha mandato a comprargli le sigarette per abusare nel frattempo della piccola, provocandole gravi lesioni. La madre ha portato Saiba in ospedale e poi ha sporto denuncia.
Solo l’intervento di un parlamentare ha portato all’apertura di un’inchiesta che ha portato al processo, che però si è arenato. La polizia si era infatti rifiutata inizialmente di indagare sullo stupro perché la famiglia di Saiba è cristiana. Ora la donna spera che il risalto che ha avuto la vicenda possa aiutarla ad avere giustizia per sua figlia.