Si è provato a capirla con comprensione, per la giovinezza, per l’inesperienza. Perché le scelte sbagliate non è mai stato chiaro se fossero solo sue. Perché l’opposizione è stata feroce, e i sepolcri zozzi imbiancati di rinnovata verginità, attrezzati alla lotta politica, non le hanno risparmiato un colpo.
Eppure, più passa il tempo, più l’impressione iniziale, pregiudiziale finché si vuole, ma verace, trova conferma. La sindaca Raggi è unfit, inadatta al ruolo, e per di più con l’aria dell’acqua cheta mostra un atteggiamento spesso arrogante. Forse attacca perché si sente debole. Forse attacca perché non si fida di nessuno, si sente sola. Non troverà consenso e amicizie confessandosi nel salotto di Vespa e le giustificazioni sulla sua giunta traballante non miglioreranno la sua immagine. Se hai accettato di candidarti o di essere candidata, che è lo stesso, devi conoscere l’arena in cui ti butti, e avere strumenti per fronteggiare i leoni. Se accetti le persone, le decisioni dall’alto, non puoi lamentarti ed accusare, dopo. Tra l’altro in modo non palese, con frecciatine che s’appuntano ora su un nome, ora su un altro. Prima erano la Taverna e la Lombardi, le rivali, che le mettevano i bastoni tra le ruote. Ora che alcuni ladri di polli del Campidoglio sono stati presi con le mani nella marmellata, e uso un eufemismo, le stilettate si scagliano contro gli uomini di Di Maio (ho detto ladri di polli: non è men grave, ma è penoso arrabattarsi e sporcarsi per duemila euro, per un posticino).
Benedetta ragazza, se non eri d’accordo, potevi dirlo prima. Potevi informarti. Anche su chi fosse Giorgio Almirante, ad esempio, invece di fare la vaga alla notizia che gli era stata intitolata una strada, dichiarando un “non lo sapevo” che suona falso e irritante. Sarà pure così, ma è anche più grave: con che gente lavori? Che collaboratori hai? Possibile che tutti i tuoi consiglieri abbiano votato a favore di una mozione di Fratelli d’Italia, senza leggersi quelle righe sugli ebrei che uno degli ideologi della difesa della razza proclamava alle genti italiche? Per una città che ancora dedica vie a Lenin, anche Almirante ci poteva stare, la retorica sulla Resistenza usata come arma d’attacco non mi piace.
Ma è non sapere che sconcerta. Anche perché il cittadino comune si fa domande semplici. Che farà mai tutto il giorno la sindaca? Cosa abbiamo visto, noi romani, di decisivo, di diverso, di consolante, che mostra un cambiamento? Pulizia? No. Raccolta differenziata? No. Buche nelle strade? Le rattoppano, ma reggono poco. Potatura alberi pericolanti? No. Accoglienza decorosa a stranieri senza fissa dimora, controllo delle bande rom che girano a piacimento a delinquere? No. E siamo solo alle evidenze, al biglietto da visita di una città, nei cui meandri trovi troppi ritardi, burocrazia malsana, e tanta, troppa ideologia. Il gay Pride come fiore all’occhiello, con manifestazioni sugli autobus, e la gogna per quei brutti manifesti contro l’aborto. Brutti perché non si cambia la mentalità e la sensibilità coi manifesti. Ma un manifesto vale l’altro, per par condicio.
Poi l’uscita, reiterata, più fastidiosa sul vittimismo di genere: “sono un bersaglio perché sono una donna”. Scherziamo? Ti attaccano per quel che non fai, perché hai intorno impresentabili, perché in due anni non hai mostrato una sola cosa che dia il senso della sbandierata onestà del vostro lavoro. Agitavi le arance in Campidoglio, quando a Marino erano contestati degli scontrini. Cosa porterai ai tuoi uomini in galera? Nessun ministro donna della repubblica, più o meno bravo (di bravi ne ricordo pochissimi, tra donne e uomini), ha mai giustificato le critiche al suo operato accampando una discriminazione di genere. Non la Moratti, non la Gelmini, la Carfagna, la Meloni, la Bonino. Manco Tina Anselmi, che fu la prima e l’unica donna ministro nella sua legislatura. Le troppe donne abituate a darsi da fare e vivere discriminazioni continue si arrabbiano. No, Virginia, come con immensa comprensione ti chiamano non i nemici politici ma gli abitanti di Roma. Non basta essere onesti. Dalle carte dello scandalo stadio vien fuori che tu non c’entri nulla. Perché, dicono, non conti nulla. Essere onesti, da soli, per un sindaco che ha promesso di rivoltare la città come un calzino è un po’ poco.