Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione siciliana, è tornato in libertà dopo aver scontato la pena per il reato di favoreggiamento aggravato alla mafia.
Cuffaro è uno dei pochi detenuti di cui si è saputo tanto durante la sua detenzione, grazie al nutritissimo epistolario che ha scrupolosamente curato, alle interviste concesse e ai libri scritti. Tutto ciò è frutto del suo percorso umano e spirituale che faticosamente ha condotto in porto in questi quasi 5 anni (4 anni e 11 mesi) trascorsi a Rebibbia.
Insomma un uomo cambiato che, pur non rinnegando il passato, ammette, con serenità, di aver commesso errori che con il senno di poi avrebbe evitato. Ha plasticamente spiegato tutto ciò con questa frase: “Sono andato a sbattere contro la mafia. Tornassi indietro metterei un airbag. Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere. Io li ho pagati, altri no. Ora credo di avere il diritto di ricominciare”.
Ecco, il punto è proprio questo: che significa ricominciare? Tralasciamo il come, se andrà in Africa a fare il medico in missione o vorrà ritirarsi in campagna a scrivere, e andiamo al dunque: come può ricominciare una persona che dopo una condanna e dopo aver espiato la pena, porterà addosso per tutta la vita il convincimento di quanti lo ritengono colpevole di aver favorito la mafia in un modo o nell’altro? In altri termini: di fronte ai processi mediatici, quelli che formano il convincimento dei cittadini, anche in barba a quelli dei giudici, come può un condannato che ha saldato il suo debito con la giustizia, ricominciare una vita normale?
Vi sono tanti ancora convinti che pur di fronte al percorso di “redenzione” che ha compiuto in carcere, debba rimanere inalterato il giudizio e con esso la pericolosità della persona: una persona collusa con la mafia. Un’onta che non può essere lavata con nessuno strumento di restrizione della libertà.
Nel giorno in cui Cuffaro è uscito dal carcere vi è entrato Alberto Stasi dopo la sentenza definitiva della Cassazione (un iter processuale con tanti riferimenti anche alla vicenda Cuffaro!) per espiare una pena di 16 anni. Anche in questo caso i colpevolisti mediatici hanno la idee chiare: ha ucciso Chiara Poggi! E dunque, quando uscirà sarà ancora un potenziale omicida di fidanzatine o potrò tornare a guardare al suo futuro con il diritto che gli verrà dall’aver espiato la pena che gli è stata inflitta? E quando un giorno lontano usciranno dal carcere Cosima Serrano e Sabrina Misseri, per l’omicidio di Sarah Scazzi, potranno essere guardate come persone oppure il male che hanno compiuto non può essere neppure in parte cancellato dalla pena che hanno espiato?
Anche la vicenda Cuffaro, come tante altre, ha lasciato ombre non indifferenti nel procedimento giudiziario che ha portato alla condanna definitiva.
E’ appena uscito il libro di un giornalista, Simone Nastasi, dal titolo Cuffaro. Tutta un’altra storia. La verità del processo al presidente dei siciliano. Stando ai fatti, alle carte e all’uomo Cuffaro, Nastasi si è posto alcuni interrogativi ed ha ricostruito il processo mettendo insieme un libro da 224 pagine più un’appendice con gli atti giudiziari. Il libro è scritto in larghissima parte sulla base degli atti giudiziari e solo in minima parte intervistando alcune persone.
L’autore non giunge ad ammettere che si tratti di un errore giudiziario, ma “…sostengo solo che negli atti si rilevano stranezze… La mia convinzione è che la sentenza più giusta fosse quella di primo grado che lo condannava solo per la rivelazione del segreto d’ufficio. Il resto mi sembra abbastanza controverso”.
Il libro offre numerosi elementi per giungere ad un convincimento meno mediaticamente diretto e più frutto della lettura delle “carte” che il processo ha offerto. Il giudizio dell’autore è questo: “Durante questo mio lavoro sugli atti processuali ho incontrato molte persone ed ho avuto modo di percepire come tanti in Sicilia non siano affatto convinti che Cuffaro sia stato vicino alla mafia. Mi aspetto una grande manifestazione di affetto da parte di questa gente nei confronti di un uomo al quale bisogna, comunque, riconoscere una cosa su tutte: il grande senso delle istituzioni dimostrato e la grande dignità nell’affrontare la pena comminatagli senza mai sottrarsi”.
“Bentornato Totò. Ora hai il diritto di riprenderti la tua vita”, ha scritto su Twitter il presidente dei senatori di Area popolare Ncd-Udc, Renato Schifani.
Vedremo già da domani, quando potrà rivedere sua madre, se tutto ciò gli sarà garantito.
P.S. Per chi non lo sapesse: l’incontro con la madre anziana gli è stato negato. A tal proposito ha dichiarato: “Non mi hanno permesso di vederla. Uno Stato che vuole rieducare non può dire: non ti facciamo vedere tua madre perché siccome ha l’arteriosclerosi l’incontro sarebbe svuotato da ogni contenuto di umanità. Io credo che lo Stato non debba dirlo e soprattutto chi per conto dello Stato amministra la giustizia”. Speriamo che l’anno della Misericordia porti da subito frutti copiosi.