Non può avere 31 anni, Fabrizia Di Lorenzo. Sorride in quelle foto senza malizia, con aria sbarazzina adolescente. Non era una da togliersi dai piedi, come ha improvvidamente detto il nostro ministro del Lavoro. Era a Berlino, città cuore d’Europa, città giovane e piena di giovani, dove aveva fatto l’Erasmus, e aveva trovato lavoro, in un’azienda di logistica. Già, perché non solo a Sulmona, la sua terra, ma in qualsiasi posto d’Italia il lavoro è una chimera, e tocca emigrare, per rendersi autonomi, per non pesare fino a quarant’anni sulla famiglia, per essere protagonisti, e non succubi della vita.
Sembra facile, sembra un gioco, ai parrucconi della politica che hanno avuto strade più facili: eppure ci si mette del tempo ad ambientarsi, a vivere da soli, a trovare amicizie, quando arrivi da una provincia calorosa, verde, accogliente. Quando devi imparare una lingua ostica — Fabrizia ne sapeva quattro — e tirar giù il magone dei parenti, degli amici da rivedere solo d’estate e a Natale. Già, Natale.
Forse Fabrizia stava preparando i bagagli per passarlo a casa, il Natale, noi italiani facciamo sempre così. E si porta sempre qualcosa, senza spendere troppo, non si può, ma qualcosa di typisch, di carino, festoso… i mercatini da noi non ci sono, li fanno solo i cinesi, a parte le tradizioni bellissime del nostro Alto Adige. Allora Valeria era lì che si aggirava tra i banchetti, una tazza di vin brulé in mano, e sceglieva l’angioletto per quell’amica, la candela per la mamma, la tazza per le tisane per la zia… Fabrizia stava scegliendo con qualche amico, di sicuro. Che ora giace in un letto d’ospedale, mentre lei, lei che non sappiamo dove sia, lei era già apparsa al cuore di suo papà e sua mamma, certi, agli squilli a vuoto del suo cellulare, della tragedia.
Altro che comunicato della Farnesina: immaginiamoli, quei due genitori, orgogliosi della figlia cosmopolita e sistemata, che alle prime notizie si guardano, smarriti, e poi provano a chiamare. Nulla. Ma sarà in un locale, sarà distratta, pensano per un ultimo soffio di speranza. Perché il presagio che appare è tropo duro da sopportare, e si conferma, di minuto in minuto, di ora in ora, fino alla certezza. Era una brava ragazza, non avrebbe fatto aspettare tanto chi era in pena per lei, avrebbe risposto.
Fabrizia è stata uccisa alla vigilia di Natale, quel Natale “crociato” che si vuole annientare, nell’impotenza d una cultura immemore e incapace, impotente a difendere ciò che le è più caro. La vita, che noi amiamo sopra ogni cosa. Gli affetti, Dio che ce li ha donati. Smettiamola di fingere, di nascondere a noi stessi per debolezza la verità: non c’è nessuna giustificazione sociale o politica a tanto male. Solo il Male scelto e perpetrato, solo Chi opera il male e di cui l’uomo decide di essere preda, servo. Non c’è altro da dire. Chissà quanti confetti Fabrizia contava di mangiare e riportare in Germania. A Sulmona sono i più buoni del mondo.