Allarme terrorismo a Medina: stando alle fonti della Bbc, un uomo si è fatto saltare in aria davanti alla Moschea di Medina in Arabia Saudita. È stata colpita con un attacco kamikaze la Moschea forse più famosa al mondo, uno dei luoghi più sacri del Paese: al momento le uniche fonti che arrivano dall’Arabia parlano di una tragedia sfiorata con forse alle spalle ancora il terrore dell’Isis. Le fonti locali parlano infatti du un attacco terroristico in cui sarebbe solo l’attentatore ad aver perso la vita davanti alla Moschea del Profeta Maometto: l’attacco non avrebbe avuto conseguenze più gravi, sebbene il panico si sarebbe diffuso nella piana di fronte a Medina. L’unica vittima sarebbe l’attentatore, riferisce l’Unione Sarda che cita la polizia araba in contatto con alcuni informatori: se fosse così certamente la tragedia avrebbe una dimensione molto più contenuta dei primi attimi di panico per un’ennesima azione terroristica, per di già in una zona molto popolosa.
A poco meno di tre giorni dall’attentato all’Holey Artesan Bakery di Dacca, comincia a comporsi mosaico della strage: la polizia del Bangladesh ha, infatti, cominciato a inserire nuove tessere con il fermo di tre persone e l’identificazione di altrettanti predicatori d’odio, seguiti da almeno due giovani terroristi. La procura di Roma a breve potrebbe chiedere di avere una copia degli atti dell’inchiesta, mentre il pm Francesco Scavo potrebbe chiedere di interrogare il terrorista arrestato. Sono tre le persone fermate, tra cui il professore universitario Hasnat Karim, che era nel locale per festeggiare un compleanno. E’ finito in manette perché è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza mentre fumava in terrazza con i membri del commando. L’uomo figurava tra gli ostaggi sopravvissuti. Altre due persone, di cui non è stata resa nota l’identità e che si trovano in ospedale, sono sopettate di aver avuto un ruolo nell’attacco.
Una parziale ammissione quella che fa il premier del Bangladesh dopo l’attentato Isis a Dacca, con la morte di 9 nostri connazionali: in una conferenza stampa nella capitale, Sheik Hasina ha ammesso per la prima volta che nel suo Paese c’è un grosso problema con il terrorismo islamico. «Siamo stati in grado di salvare tredici persone, ma non abbiamo potuto salvarne altre», sono le parole dirette del primo ministro bengalese; in totale sono 20 le vittime, 9 italiani, 7 giapponesi, 3 bengalesi e un indiano. Molte voci che arrivano da Dacca dai vari cronisti presenti sul luogo e sulle loro fonti governative, purtroppo si viene a sapere che durante il tentativo di trattare della polizia e dell’esercito con i miliziani dell’Isis in azione, la restante parte del commando provvedeva a torturare e ad uccidere barbaramente gli ostaggi, seguendo “l’insegnamento” del boia Daesh Jihadi John.Tredici individui rimasti vivi perché il blitz dopo ore li ha liberati, alcuni ostaggi usciti e liberati perché musulmani e poi i 20 morti. Come racconta il Messaggero, gli ostaggi sono stati uccisi con spade e coltelli mentre il tentativo di blitz tardava all’esterno. Un orrore che pervade coscienze di tutti, con un senso di ineluttabilità per l’ennesima strage islamista non controllata.
Sheikh Hasina, la premier del Bangladesh ha omaggiato oggi le venti vittime dell’attentato terroristico a Dacca dello scorso venerdì, tra cui i nove italiani uccisi. La tv indiana DD News ha trasmesso le immagini della donna mentre depone la corona di fiori davanti alla targa scelta per la cerimonia ufficiale alla quale hanno preso parte anche i rappresentati delle istituzioni italiane, giapponesi, statunitensi ed indiane (Clicca qui per vedere il video). In merito alle vittime italiane, il loro rientro in patria è previsto tra martedì notte e mercoledì mattina, come annunciato dal sito di Panorama. Per il rimpatrio, il Governo italiano ha già inviato in Bangladesh un aereo sul quale viaggiano i membri dell’Unità di crisi della Farnesina e dello staff di Palazzo Chigi.
In una intervista esclusiva al Corriere della Sera, si parla di Bangladesh, di attentati Isis e della strage di Dacca come di altre che continuano ad imperversare l’Occidente e purtroppo non solo. È stato raggiunto il grande studioso americano esperto di jihadismo, Vali Nasr, che parte da una breve constatazione sulla strage terroristica a Dacca. «Il commando di Dacca era composto da ragazzi di famiglie abbienti, usciti da scuole prestigiose. E allora? Di cosa vi stupite? Anche i terroristi dell’11 settembre non erano poveri e anche le Brigate Rosse negli anni 70, non erano forse giovani della classe media a condurre la lotta armata per “la difesa dei povero”». Secondo Nasr il terrorismo islamico ha inaugurato il fronte asiatico e ora ovviamo aspettarci una minaccia del tutto più globale, “paradossalmente questa guerra contro l’imperialismo dell’Occidente sta diventando sempre più globale”. Lo studioso avverte l’Occidente sul pericolo delle due fazioni dell’Isis con due obiettivi del tutto differenti: «un Isis militare impegnato all’interno dello Stato Islamico, tra Siria e Iraq; e un Isis impegnato all’esterno, nella campagna internazionale. Dopo essersi concentrato sulla costituzione di uno Stato, negli ultimi due anni Isis ha fatto un grande investimento per reclutare, formare e armare jihadisti. Quello a cui assistiamo oggi è il risultato di questo lavoro».
La matrice dell’attentato che lo scorso venerdì ha colpito il cuore del Bangladesh causando la morte di 20 civili, tra cui nove italiani, è stata attribuita all’Isis, che l’ha rivendicata. Eppure, su questo punto, come evidenzia Il Velino, gli esperti sono divisi. Al momento resterebbe tuttavia ancora aperta la pista di un possibile coinvolgimento del gruppo Jama’atul Mujahideen Bangladesh. Lo avrebbero riportato i media locali secondo i quali alcuni terroristi coinvolti nella strage di Dacca avrebbero aderito anche ad altri attentati, tra cui quello che ha avuto come bersaglio un tempio del paese o all’assassinio di un ex combattente del Nord del Bangladesh. Le indagini intanto proseguono al fine di individuare il mandante della strage. Queste vedranno anche la partecipazione delle unità anti-terrorismo e per la lotta ai crimini transnazionali, sebbene le autorità locali propendano per la pista interna.
Dopo l’omaggio del premier bengalese alle vittime dell’attentato firmato Isis che, in Bangladesh, ha mietuto 20 vittime tra italiani, giapponesi, indiani, statunitensi e bengalesi stessi, i governi e i servizi di intelligence stanno indagando per scoprire la verità. Isis o non Isis? È questo il ping pong che le autorità bengalesi stanno giocando nelle ultime ore. Le notizie ufficiali hanno parlato di un gruppo di giovani rampolli di ricche famiglie locali arruolatisi tra i terroristi semplicemente per moda. Si tratta di un colpo dritto al cuore di un Paese che ha sempre negato la presenza di infiltrazioni terroristiche nel suo territorio. Tuttavia, in seguito all’attentato di tre giorni fa, quello più sanguinario mai capitato in Bangladesh, il premier Sheikh Hasina si è trovato costretto a ritrattare e a guardare in faccia la realtà: l’Isis esiste anche in Bangladesh. Soltanto il primo ministro dell’Interno, Asaduzzaman Khan continua a insistere sull’argomento e a dirsi convinto che l’Isis sia ancora riuscito ad inserirsi in Bangladesh. Secondo il diplomatico, infatti, la responsabilità dell’attentato è da attribuirsi a un gruppo di jihadisti indigeno che ha semplicemente seguito la moda del momento. Shahidul Haque, ministro degli Esteri, invece, non è d’accordo e, presentando le sue condoglianze all’ambasciatore italiano Mario Palma, ha confessato di aver visto un paese spaventato, un paese che si chiede come abbia fatto l’Isis a radicalizzassi così tanto. Haque, infatti, non ha escluso il collegamento dei terroristi con l’Isis e non ha neppure negato la loro provenienza. “Sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive e appartenenti alla classe media del Paese”. Ed è proprio questo che terrorizza.
Sono passati tre giorni dal terribile attentato in Bangladesh dello scorso venerdì sera, quando alcuni attentatori hanno seminato panico e morte facendo irruzione in un ristorante di Dacca e provocando una strage di 20 civili stranieri, tra cui nove italiani. Oggi, nel secondo giorno di lutto nazionale, è stato riservato un omaggio proprio alle vittime. Lo riporta questa mattina Ansa.it, rivelando come alle 10:00 ora locale si è svolta una cerimonia allo stadio dell’esercito con la presenza della premier del Bangladesh, Sheikh Hasina, la quale, secondo i media locali, avrebbe deposto corone di fiori sulle loro bare. Nell’area predisposta, le bare sono collocate su una piattaforma rialzata, accompagnate dalle bandiere delle nazioni alle quali appartengono le vittime: India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti. Oltre alla premier Hasina, alla cerimonia in omaggio delle persone uccise nella strage di Dacca messa in atto dall’Isis hanno preso parte anche i rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. Successivamente, le famiglie delle vittime e i cittadini hanno avuto accesso all’area.
Emergono tanti dettagli e molte storie in Bangladesh dopo l’attentato Isis a Dacca dove hanno perso la vita 20 civili innocenti, tra cui purtroppo 9 connazionali italiani. “Hanno trucidato gli ostaggi, è stato terribile” raccontano alcuni testimoni e superstiti, ma anche molte storie di piccoli eroismi che purtroppo sono finiti quasi tutti in tragedia: particolarmente commovente è il racconto su un giovane bengalese, Faraaz Hassain, studente presente all’interno del ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca la sera terribile del 1 luglio 2016. Quando sono entrati i miliziani islamisti, il ragazzo ha dimostrato un coraggio fuori dal comune che ora sta diventando virale sulla rete, dopo il racconto sul New York Times. Ma i fatti sono impressionanti: quando i terroristi sono entrati lo studente ha voluto rimanere vicino alle sue due amiche non musulmane, una indiana e una americana, studentesse come lui. Il commando lo ha intimato di lasciare il locale visto che lui, come altri presenti all’interno, erano musulmani: Faraaz però voleva portare con sé le amiche e non ha voluto lasciarle sole. Al diniego ricevuto, ha fatto seguito la terribile decisione presa dai miliziani: lo hanno ucciso, lui come gli altri 19 ostaggi tra cui 9 italiani e 7 giapponesi (fonte TgCom24). Una triste storia che racconta da vicino come la barbarie e l’ideologia islamista sia ben più truce e pericolosa di quanto non si possa pensare.