Su 400mila sacerdoti e religiosi sparsi in tutto il mondo, in nove anni la Chiesa di Roma si è occupata di 300 casi di pedofilia. Questo dato, probabilmente, fece parlare l’allora cardinal Ratzinger della «sporcizia nella Chiesa» in occasione della via crucis del 2005.
A ogni modo, se la realtà è quella descritta sulle pagine di Avvenire del 13 marzo scorso da mons. Scicluna, il pubblico ministero della Congregazione per la Dottrina della Fede, la feroce campagna d’aggressione contro Benedetto XVI riduce di molto la sua pretesa di denuncia.
La Chiesa non ha insabbiato nulla, ma lavora instancabilmente per colpire i cosiddetti delicta graviora. L’impressione è che, ai portavoce di quella che si sta venendo a configurare come una vera e propria “mani pulite di Dio”, poco importa degli abusi sui minori. Se davvero l’obiettivo fosse la tutela dell’infanzia e la persecuzione di quell’orrendo crimine qual è la pedofilia, le pagine dei giornali non parlerebbero di sessofobia della Chiesa, di necessaria revisione del celibato dei sacerdoti, né del Vangelo della giustizia – come titola un fondo su Repubblica di Vito Mancuso, che sembra scimmiottare i peggiori editoriali di Travaglio.
Se davvero interessa il grave tema degli abusi sui minori, allora, si parli della piaga della pedofilia che, come ha coraggiosamente sostenuto la Cancelliera Merkel, non riguarda soltanto la Chiesa. I politici e le firme di punta siano davvero laici: non dicano alla Chiesa cosa deve fare e non la invitino a dubitare del valore della verginità. Si occupino piuttosto della piaga della pedofilia all’interno della società nel suo complesso.
I dati del ministero degli Interni, per esempio, parlano chiaro: nella maggior parte dei casi gli abusi su minori avvengono all’interno delle mura domestiche per opera del compagno o del partner occasionale di uno dei genitori. Gli abusi da parte di sacerdoti e religiosi riguarda, in America come in Italia, meno dell’1% dei casi.
Il tema allora è, ancora una volta, la famiglia. Al centro delle preoccupazioni di questi giorni di analisti e commentatori ci sia la condizione in cui versa la famiglia contemporanea. Se viene esaltato qualunque costume e scelta sessuale e, allo stesso tempo, si pretende dalla Chiesa la messa in discussione della verginità, è il tipo di società che proponiamo che presenta qualche problema in materia di sesso.
L’ossessivo battere il chiodo su questo tema, da parte del New York Times come di quanti si sono accodati ai suoi columnist, fa sospettare che non sia il Vaticano ad aver bisogno di un sessorcista, come ha suggerito Maureen Dowd al Papa, bensì il contrario.
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Come ha giustamente sottolineato Don Fortunato Di Noto “perché gli americani, che sono tanto puritani nel fare attacchi al Papa, non danno risposte sulle migliaia di siti pedopornografici del loro Paese? Perché non ratificano la convenzione del fanciullo firmata nell’89 proprio a New York?”.
Perché, aggiungo io, se un soldato americano in Afghanistan compie atti di pedofilia, non viene data la colpa al Presidente degli Stati Uniti così come viene fatto con il Papa? Semplice. Perché l’inimicizia di tante oligarchie, anche quelle rappresentate da certe influenti elite mediatiche, della dittatura e di qualsiasi visione totalitaria nei confronti del Santo Padre ha in fondo sempre la stessa radice: il successore di Pietro documenta con il suo esempio il dramma della libertà dell’uomo di fronte al potere e questo fatto il potere semplicemente non lo accetta.
La menzogna e la diffamazione, che rimangono la violenza più grande, sono lo strumento ideale per distruggere questa presenza.