Franco, pensavano i suoi genitori, non potrà che trovarsi bene coi ragazzi scout della parrocchia. Sta sempre solo, non si muove mai, passerà una giornata diversa. Sono stati saggi. Il sacerdote che ha organizzato la gita – un’abitudine, nella diocesi, la salita al Monte Calvana – e con lui gli educatori, pensavano di offrire una giornata di svago, nella natura, guardare un bel panorama, educare con la fatica del camminare lo stare insieme e allenare le gambe. Gli altri anni era stata una bella esperienza, per tutti.
Certo, quel giorno faceva un po’ troppo caldo. Avessero guardato le previsioni del tempo, per un paio di gradi in più avrebbero annullato la gita? Avrebbero dovuto pensare a dotare i ragazzi di acqua, cappellini, prevedere soste all’ombra, magari partire sul far del mattino, andar meno spediti, aspettare i più stanchi e sostenere gli affaticati. Avete mai visto una scampagnata di ragazzini che procede con passo serrato per le mulattiere, attrezzata di tutto punto, e soprattutto avete mai visto le guide camminare avanti, da sole, senza curarsi di chi li segue, con la responsabilità di un affido premuroso da parte delle apprensive famiglie? Non s’è mai visto, e infatti così non è stato.
È vero, ogni anno le cronache ci raccontano di qualche gruppo di lupetti o coccinelle sorpreso dal temporale, smarrito in qualche bosco del belpaese e tocca ai soccorsi recuperarli, e magari redarguire perché la prossima volta siano più accorti e prudenti. Capita.
Ma proprio perché le notizie rimbalzano sui media, significa che capita di rado, con tutte le vacanze e i campi delle migliaia di parrocchie, associazioni, movimenti che vengono organizzate ogni anno. Qualcuno si fa male, qualcuno anche tanto. Incidenti. Qualcuno sarà stato poco guardato. Può capitare, è un rischio, anche a scuola, o con madre e padre al seguito. Ora, il piccolo Franco è stato stroncato in modo imprevedibile, immediato, sconcertante. Nessuno sapeva che avesse problemi, nessuno lo vedeva gracile o malato. Nemmeno i suoi genitori. Si è accasciato, dopo aver detto che non ce la faceva più, ha chiuso gli occhi per sempre, davanti ai compagni allibiti, tremanti. Potevano capirlo, accorgersene. Forse. Ma è omicidio colposo, questa l’accusa, per ora a carico di ignoti.
Temiamo che in fretta questi ignoti siano identificati con nome e cognome, con una messa alla berlina e al bando ingiusta e crudele. Per questo commuove la fermezza delle famiglie, e anche il silenzio di quella di Franco, che non agitano, non gridano, difendono gli accompagnatori. Temiamo che le polemiche un po’ frettolose non tengano conto della realtà, che la storia sia raccontata male, e la caccia alle streghe, – tanto più se si tratta di un prete – proceda spedita, fatale. Per esempio, lo abbiamo letto: i ragazzi erano tutti disidratati. Ma quando mai. Avevano sete e un po’ di fame, com’è normale. Quanti ne vediamo stremati sui campi di calcio, nei cortili afosi, arrancare anelando a una fontana sotto cui riposare la testa, eppure con le guance infuocate sorridere, contenti del gioco?
Se Franco non ha retto, forse lo diranno i medici. Forse non diranno nulla, perchè nulla si potrà dire. Certe malformazioni minime, ma pericolose, non si possono neppur vedere con gli esami autoptici, né prevedere in anticipo, e la morte in campo di qualche giocatore dovrebbe averlo mostrato. Non di polemiche hanno bisogno i genitori di Franco, ma di sostegno, affetto, compagnia. Hanno bisogno di sapere che quei ragazzi che avevano voluto con sé il loro figliolo erano quelli giusti, e non li molleranno proprio ora. Poi naturalmente, si verificheranno le responsabilità (davvero i soccorsi ci hanno impiegato un’ora e mezza?) si farà tesoro anche del dolore, come dopo ogni tragedia, e si raddoppieranno le prudenze, i controlli.
Impossibile, escludere l’imprevisto. Per chi crede, del compimento di una vita disegnata da Dio. Per chi non crede, del fato maligno. Per quanti sforzi facciamo, non possiamo decidere il giorno e l’ora. Ho perso un amico carissimo in montagna, era ancora un ragazzo, ed era il più bravo a camminare, a scalare. Si era messo al bordo di un passo difficile, in una gita di studenti universitari, per aiutare gli amici ad attraversare il passaggio, per far sicurezza ai più fragili. È rotolato a valle, per duecento metri. Nessuna accusa, nessuna colpa. È stato affidato alle montagne, con la preghiera al Dio dei Cieli che lo portasse su, su nel Paradiso.