Il 27 novembre la Chiesa cattolica ricorda e celebra San Giovanni Vincenzo, detto anche Giovanni di Besate, dal luogo della sua nascita avvenuta verso la metà del X secolo. Il santo è ricordato soprattutto per essere stato il fondatore del più celebre e affascinante complesso monastico del Piemonte, la Sacra di San Michele.
Non si conoscono molti particolari della vita di Giovanni che, nato nel piccolo villaggio del milanese, divenne sacerdote e quindi vescovo destinato a occupare la cattedra della diocesi di Ravenna nel 982 o 983. Divenne celebre per il suo zelo pastorale e per il grande impegno civile e religioso nel sostenere la popolazione in quegli anni turbolenti, poi nel 997 rinunciò alla sua carica. I motivi per cui decise di compiere tale passo sono ignoti e si suppone che egli avesse scelto di dedicarsi a una vita di eremitaggio per seguire le orme del suo maestro, San Romualdo, che proprio in quel periodo scelse di abbandonare la cattedra di Sant’Apollinare in Classe per dedicarsi alla preghiera. Giovanni, lasciata Ravenna, si diresse verso le Alpi piemontesi fermandosi in Val di Susa.
Probabilmente conosceva già quella zona del Piemonte, perché nel 982 era stato uno degli accompagnatori di Romualdo quando costui si era recato in viaggio a Cuxa e, colpito dalla bellezza di quel paesaggio aspro e selvaggio, decise di divenire eremita su quei monti. Scelse, insieme ad alcuni compagni, di stabilirsi sul monte Caprasio, poco lontano dalla sponda sinistra del fiume Dora e di fronte al monte Pirchiriano. Il luogo era propizio a una vita in solitudine tra boschi e grotte che potevano offrire un riparo e Giovanni, dopo esservi rimasto qualche anno, decise di intraprendere la costruzione di una chiesa dedicata alla Vergine.
La località venne chiamata Celle e con tale nome è nota ancora oggi. Si narra che molto spesso l’arcangelo Michele apparisse al santo chiedendogli di erigere una cappella in suo onore sul monte di fronte, e Giovanni intraprese quindi la costruzione di un piccolo edificio sul monte Pirchiriano. Secondo l’agiografia, fu proprio lo stesso arcangelo che aiutò Giovanni a trasportare i materiali per l’edificazione per l’impervia salita che conduceva alla cima dell’altura. Quella cappella non fu che l’inizio, infatti qualche anno più tardi sorse sulla cima del monte la maestosa Sacra di San Michele che ancor oggi domina l’ingresso alla Val di Susa. Il santo morì a Celle nell’anno mille o nel 1001: la data della sua morte non è certa, ma alcune fonti citano il 12 gennaio e altre il 21 novembre.
Nonostante la Chiesa ricordi Giovanni Vincenzo il 27 novembre, in Val di Susa viene festeggiato il 21 novembre, probabile data della traslazione delle sue spoglie che avvenne il secolo successivo. Il trasferimento della sua salma avvenne per opera dei fedeli, che volevano dare al suo corpo degna sepoltura, e fu proprio Giovanni Vincenzo a scegliere il luogo del suo riposo. Il carro trainato dai buoi che portava i resti mortali del religioso, infatti, si fermò davanti alla chiesa della vicina località di Sant’Ambrogio di Torino e qui vennero collocati accanto all’altare con un’epigrafe che riassumeva la sua vita. Sorse proprio in quel periodo la confraternita chiamata Società Abbadia che doveva vegliare sulle spoglie del santo ed evitare che venissero trafugate dagli abitanti di Celle che ne reclamavano il possesso. Ancora oggi è rimasta viva la tradizione di fare la guardia alle reliquie di Giovanni Vincenzo e a San Giacomo di Torino, quando si tiene la tradizionale processione annuale con il reliquiario dei suoi resti, esse vengono accompagnate da una guardia di armati. La memoria di San Giovanni Vincenzo è molto viva in tutta la Val di Susa e, in particolare, alla Sacra di San Michele è possibile ammirare due sue immagini nella cappella ipogea e nella chiesa presente nell’abbazia.