L’amore ai tempi di Facebook. Fosse amore! Invece è spesso sexting e coinvolge drammaticamente i più piccoli: parliamo di medie, ma anche elementari.
Il neologismo, dato dalla crasi fra sex e texting, racconta del fenomeno di inviare foto e testi sessualmente espliciti tramite i mezzi informatici. Sono i videofonini a far da padroni, quei minicomputer portatili che i ragazzi hanno in mano e che sono autosufficienti allo scopo: fanno foto e video, li caricano in rete, aggiungono frasi maliziose e rispondono ai contatti che chiedono di più.
La cronaca ne sta segnalando un numero crescente, con la Polizia Postale e delle Comunicazioni in prima linea ad identificare i relativi siti e a prendere provvedimenti sanzionatori e deterrenti. Da Catania hanno ritrovato un sito di ragazze adolescenti ritratte nude e in pose esplicite messo online da un intraprendente “amico” quattordicenne tramite il server della biblioteca comunale (nella speranza di non farsi identificare).
Una bambina laziale di dieci anni (ma i grandi non sapevano che era su FB?) ha invece postato su Facebook una sua foto osé scattata in bagno davanti allo specchio; pare sia stata visitata da molti prima che la polizia sia intervenuta ad oscurare la pagina.
Storie così, sotterranee e lontane dalla nostra visibilità, ce ne sono molte, probabilmente.
Tutto ciò ha a che fare col corpo, anzi col corpo pensato, prima che con la tecnologia.
Non possiamo non considerare, vista l’età, una componente fortemente imitativa di modelli proposti e a loro modo imposti dagli adulti. Ne è zeppa la tele, la rete, i giornali, le pubblicità nelle strade. È infatti proprio dei bambini voler crescere, pensarsi grandi, anche travestirsi: insomma fare un po’ di prove generali. I bambini indossano il cappello di papà con la stessa nonchalance con cui infilerebbero l’elmo di Achille e le bambine salgono ancora sui tacchi delle mamme per vedere come ci si sente.
Diventare grandi, oggi, per molti coincide col diventare sexy, usare il corpo solamente nella sua immagine per attrarre a sé. Una deriva narcisistica della cultura individuale e sociale che nega come il corpo sia molto di più della sua pura apparenza: se guidate dal pensiero le gambe sanno correre verso gli amici veri, le braccia stringere altri corpi in un abbraccio di riconoscenza, gli occhi scorrere sulle pagine di un libro che non riusciamo a lasciar lì, lo stomaco sa convertire in nutrimento il piacere di una cena insieme.
C’è sexting quando non c’è più il reale, quando il corpo viene virtualizzato, quando solo Photoshop sa davvero renderlo come dovrebbe essere. C’è sexting quando non ci sono amici, quando tutti possono vedere tutto perché non c’è più preferenza, non esiste più quell’intimità speciale che si accorda a chi se ne rende degno. C’è sexting quando il corpo sessuato non può che fare-imitare-suscitare-idolatrare “quello”, un atto dovuto e necessario da consumarsi all’istante, piuttosto che un atto libero e da darsi a suo tempo.
Un articolo de La Stampa a firma Giuseppe Bottero riporta un’interessante ricerca fatta da Ericsson e presentata all’ultimo CES di Las Vegas, la kermesse mondiale dell’elettronica: Amore e Facebook nella fascia 13-17 anni. Balza agli occhi come il corteggiamento, dopo un primo incontro dal vivo, avvenga in rete con messaggi e poke fino alla dichiarazione online certificata dal cambiamento di stato da “single” a “impegnato” per arrivare a “fidanzato”. Fino a diciassette anni esiste solo FB per queste faccende, da lì in poi si attivano anche le mail documentandoci come i diversi mezzi tecnologici hanno diverse età di fruizione ed utilizzo, modalità esse stesse fluttuanti nel tempo. Come dire che i ragazzi usano ciò che hanno a disposizione, bene o male dipende da loro così come dalle indicazioni che ricevono.
Sempre nella ricerca, i ragazzi hanno dichiarato che nel 41% rinuncerebbero a una vacanza pur di non doversi staccare dal web. Sembra enorme, e forse lo è, e ci dobbiamo interrogare al riguardo; ma quanti adulti si sentono “nudi” se escono di casa la mattina avendo dimenticato il cellulare sul tavolo della sala? Viviamo nello stesso errore.
Qualche mattina fa, vicino alla Stazione Centrale di Milano, in mezzo al viavai indaffarato della città mi sono imbattuto in un ragazzo che abbracciava una ragazza e la baciava teneramente stringendola a sé; le luci della vetrina di Zara facevano da spotlight perfetto. Mi sono fermato un istante e me ne sono rallegrato. Riprendendo il cammino ho osservato che i ragazzi non si baciano più nelle strade, ma nemmeno nei cortili, negli androni delle case, negli angoli delle scuole. Con qualcosa dovranno pur aver sostituito il bacio, diventato così demodé. È probabilmente lo scambio dei corpi: nella sua forma carnale in un atto sempre più comandato, dovuto e anticipato o in quella virtuale, col sexting online.
Mi piace immaginare che i due della Stazione la sera abbiano anche chattato in Facebook, raccontandosi del contrattempo con un esame, di un vecchio amico ritrovato, del nuovo panino di Mac che spacca davvero, della prof di Italiano che è una tosta, dell’orario dell’appuntamento la mattina successiva; in questo caso la tecnologia sarebbe stata al servizio del loro amore, non sostitutiva.
È anche questo l’amore buono – pleonastico dirlo – ai tempi di Facebook.