Niente scarcerazione e niente arresti domiciliari. Salvatore Parolisi rimane in carcere. Così decise lo scorso 28 novembre la Corte di Cassazione respingendo la richiesta della difesa dell’uomo accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea lo scorso mese di aprile. Arriva adesso la documentazione che fa luce sulle argomentazioni per le quali venne presa la decisione di rifiutare la scarcerazione. Decisione che può essere riassunta in un termine solo: pericoloso. Salvatore Parolisi infatti sarebbe elemento pericoloso, in quanto non ha un alibi ed è in grado di mettere in atto depistaggi delle indagini, che, secondo la Cassazione, l’uomo avrebbe già messo in atto in altre occasioni, ad esempio con l’uso della siringa sul corpo della moglie per far credere a un delitto maturato negli ambienti della tossicodipendenza. L’uomo, dice l’alta corte, ha una “pericolosità specifica sia processuale che criminale”. Sono parole che, al di là del divieto di scarcerazione, suonano già come una condanna per il Parolisi ancora prima che sia istituito il processo nei suoi confronti. Nella sentenza si specifica che il Parolisi ha messo in atto depistaggi di vario tipo: oltre alla siringa, anche l’aver deturpato il cadavere. Comportamento dunque altamente criminoso. Ma non basta: il caporal maggiore non ha nemmeno un alibi credibile, anzi nessun alibi. Ecco perché è stato deciso che rimanesse in carcere: tale decisione, dice infatti la sentenza, non è illegittima e non si può impugnare: le esigenze cautelati di eccezionale rilevanza sono del tutto legittime. Questo perché appare sensato “l’esauriente e corretto riferimento compiuto dai giudici del riesame alla personalità del soggetto indagato ed all’individuazione di una pericolosità specifica sia processuale che criminale, quale desumibile, oltre che dalla particolare gravita’ ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente e il deturpamento del cadavere”. L’uomo si professa da sempre innocente e recentemente è stato nuovamente al centro dell’attenzione per aver chiesto di poter incontrare la figlia Vittoria di 2 anni, mai più rivista da quando è stato arrestato lo scorso luglio. Ai due è permesso parlarsi al telefono, ma non vedersi di persona.
Questo per proteggere la bambina ritenuta troppo piccola per sostener un trauma del genere data la situazione carceraria del padre. I nonni materni della bambina, a cui è stata affidata legalmente, hanno infatti chiesto che tale previsto incontro venisse annullato ottenendo che tale incontro non si tenesse.