Son tornato a leggere il mio Diario scritto sin dalla sera del 6 aprile di due anni fa. Le vicende di una città, di una regione, di tanta gente che ha vissuto il dramma di quella terribile scossa, a cui è seguito il dolore e la disperazione di trovarsi all’improvviso fuori di casa. Senza quelle banalità della vita quotidiana diventate all’improvviso oggetti preziosi. «Le esperienze raccontate in quelle pagine sono la risposta più bella al nichilismo di questa società», mi ha detto un giorno un amico. Oggi scopro che le esperienze di singoli uomini, di persone a volte a me sconosciute, hanno arricchito la città dell’Aquila. A dispetto del terremoto, senza voler sminuire il dolore di chi ha perso un proprio caro.
Sarebbe sin troppo facile parlare dell’Aquila a due anni dal sisma, raccontare quanto è stato fatto, quanto si deve ancora fare, senza entrare nell’intimo di chi ha riscoperto la propria vita ripartendo dal nulla del dopo terremoto. Ieri sera la fiaccolata e un composto silenzio ha invaso il centro storico del capoluogo abruzzese, ancora avvolto da centinaia di impalcature, di palazzi solamente messi in sicurezza, accanto a macerie che sono state ricoperte dalla polvere del tempo. Un silenzio che è arrivato fino alle 3 e 32, ora fatidica del sisma del 6 aprile 2009, ora in cui qualcuno ha pregato, qualcuno ha rinnovato la richiesta di aiuto, qualcuno si è affidato al proprio Destino. In questi ultimi mesi la vita politica ha registrato posizioni antitetiche, proteste ed elogi, accuse e plausi al lavoro svolto. Dimissioni del sindaco, poi ritirate. Indagini e processi che daranno risposte e giustizia terrena ma che poco serviranno a chi piange un figlio.
A due anni dal terremoto c’è chi ha scoperto un nuovo modo di vivere, di porsi di fronte alla vita e di affrontarla. Traendone beneficio, acquistando una nuova felicità. Ne è un esempio, lo è stato nei mesi estivi, la «Città dei ragazzi». Una proposta ai giovani per stare insieme, ma soprattutto una proposta educativa. Hanno risposto in molti a questa idea di stare insieme. D’estate anche giovani universitari provenienti da fuori, che hanno voluto sperimentare l’esperienza del terremoto scoprendo che vale la pena di fare per qualcosa di più grande. Più grande è l’amicizia che viene offerta ai bambini, che poi è diventata amicizia tra i giovani, che si è trasformata in un momento in cui hanno messo in gioco la propria esistenza. Il dolore e la fatica della vita in città dopo il terremoto offerta ogni giorno per il proprio destino.
Un modo di stare insieme che ha portato gioia e non sofferenza, che ha ridato il gusto delle cose quotidiane nonostante le difficoltà dovute a una città che è un cantiere, alle distanze che si sono moltiplicate. E’ nata Gioventù studentesca, grazie all’impegno di alcune persone adulte che dopo il terremoto hanno avvertito il bisogno di testimoniare la propria esperienza di vita ai più giovani, hanno riscoperto cosa vuole dire educare. Due anni vissuti dopo il terremoto, giorno per giorno, hanno costretto chiunque a riflettere sulla fragilità di un quotidiano che può scomparire all’improvviso.
Cosa è stato il terremoto per un cristiano lo ha sottolineato l’arcivescovo Giuseppe Molinari, con parole che possono sembrare anche dure. “I fratelli e le sorelle, che quella notte ci hanno lasciato, ci parlano. Io percepisco un unico messaggio: «Non rattristatevi per noi. Siamo nella vita vera. Qui non ci sono più né morte, né dolore, né lacrime. C’è solo una cosa che ci rattrista. Quando volgiamo il nostro sguardo sulla terra e sulla nostra città. E siamo costretti a constatare che il nostro sacrificio non vi ha insegnato nulla. È vero, vediamo le macerie della nostra città. Ma vediamo prima di tutto le macerie delle vostre anime… Macerie fatte di egoismo, di arrivismo, di odio politico, di menzogna, di sfruttamento, di ingiustizia. No, purtroppo non avete imparato nulla. Ma fate ancora in tempo: ascoltateci! Ritrovate la concordia, la solidarietà, l’altruismo, l’impegno per il bene comune, l’amore a Dio e l’amore ai fratelli. Solo così rimuoverete le macerie dai vostri cuori. E anche dalla vostra città. Perché tutto un giorno passerà: Solo l’amore resterà per sempre»”.
Ecco oggi a due anni dal sisma ci sono le difficoltà per i lavori di ristrutturazione delle abitazioni, per tornare a quello che era. Ma per molti c’è la scoperta della vita. Non più grigia, monotona. Una vita che ha un senso, che ha intravisto una direzione. E verso quella direzione si fa condurre dal cuore di uomo.