La stampa e la politica italiana, nonché quelle di gran parte dei Paesi europei, stanno minimizzando la Tempesta su Washington, per ricordare il titolo di un bel film di Otto Preminger degli anni Cinquanta, che si consiglia a chiunque voglia afferrare i meccanismi politico istituzionali degli Stati Uniti. Quella che è in corso a Washington è una tempesta perfetta non imperniata sulla conferma da parte del Senato del Segretario di Stato indicato dalla Casa Bianca (come nel film di Preminger), ma relativa al Presidente in persona, accusato di “alto tradimento” a pochi mesi dal suo insediamento.
È presto per dire come andrà a fine: è stato appena nominato Robert Mueller, noto non solo per la propria integrità ma anche per la propria indipendenza di giudizio, e l’inchiesta è, quindi, solo agli inizi. Ho studiato in un’Università americana (la Paul Nitze School for International Studies), con sede a Washington, e lavorato in Banca Mondiale, sempre con sede a Washington, dal 1968 al 1986. Quindi ho vissuto nella capitale degli Stati Uniti per circa vent’anni. Molti miei amici erano miei ex-compagni di studi. Gran parte di loro lavorava per la pubblica amministrazione, raggiungendone i gradi più alti. Quindi, ho condiviso con loro “l’affare Watergate”, che con le vicende di questi giorni pare avere numerosi punti di contatto. Ci vorrà pazienza nel seguire un “caso” che sta appena cominciando e che potrà rivelare sorprese.
Non riguarda, però, solamente la politica, l’economia e la finanza americana. Questa mattina, 22 maggio, al Senato si tiene un convegno su “Lo Stato azionista. Finalità, regole, strumenti”, con la partecipazione del Senatore Giulio Tremonti e del Ministro Carlo Calenda. Sarà interessante vedere se si accennerà alla “tempesta” in arrivo dall’altra sponda dell’Atlantico, pur se il programma (stabilito tempo e imperniato sulle privatizzazioni) non ne fa cenno. Eppure, la Borse hanno sbandato alle prime notizie da Washington e tensioni finanziarie sull’Atlantico non potranno non avere effetti sui mercati europei, rallentando, almeno, i programmi di privatizzazione o anche solamente di collocamento sul mercato. Lo stesso Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi potrebbe rimpiangere di avere detto troppo presto, in quel di Tel Aviv, che la crisi è finita. Non dimentichiamo che la tormenta sui mercati innescata dalla vicenda del Watergate fu una delle cause, forse la principale, dell’affossamento del Piano Werner del 1970 , il primo vero tentativo di costruire un’unione monetaria in Europa.
Oggi la situazione non è più calma di quanto non lo fosse allora. Non solo l’Europa sta uscendo da una crisi lunga in cui ha visto diminuire del 15% il proprio Pil aggregato, ma come notano Luciano Andreozzi e Roberto Tamborini, ambedue della Università di Trento (il paper è il DEM Working Paper N. 2017/26), tra gli Stati europei è “in corso una guerra di interdipendenza”; quello di Andreozzi e Tamborini è un lavoro altamente teorico, ma che descrive in modo acuto le tensioni all’interno dell’area dell’euro. Tanto all’interno di ciascun Paese membro quanto tra Paesi e istituzione europea.
Apriamo gli ombrelli: una tempesta è in vista.