“Per il successore di Napolitano sarà duello tra Prodi e Veltroni. A sostenere il primo saranno M5S, minoranza del Pd e centristi, mentre Renzi e Berlusconi scommetteranno sul secondo”. E’ la previsione del giornalista e scrittore Fabrizio Rondolino, nel giorno in cui il presidente Giorgio Napolitano ha firmato le sue dimissioni alla presenza del segretario generale del Quirinale, che lo ha comunicato ai presidenti del Senato e della Camera e al presidente del Consiglio.
La partita per la successione a Napolitano entra nel vivo. A che cosa mira Renzi?
Renzi ha in mente prima di tutto di salvarsi la pelle. La battaglia per il Quirinale presenta per lui un rischio fondamentale, in quanto questo è un Parlamento che non ama particolarmente Renzi, e che è stato eletto prima della sua ascesa al potere. E’ probabile quindi che si crei una saldatura tra forze varie anche molto lontane tra loro, unite però dalla volontà e dal desiderio di mettere Renzi sotto scacco, cioè di mettere al Quirinale un contropotere in grado di “controbilanciare” il presidente del Consiglio. La priorità di Renzi è impedire che questo scenario si compia.
Secondo quali modalità potrebbe realizzarsi questo “colpo di mano”?
Con il convergere sul nome di Prodi di M5S, minoranza Pd, centristi e di tutti quelli che sono interessati a mettere un “guinzaglio” al premier. Renzi però è troppo intelligente per pensare di poter mettere un suo “maggiordomo” al Quirinale, e potrebbe optare per le figure di Padoan o Mattarella. Insomma una figura di garanzia che sia autorevole e abbia una qualche sintonia con il processo riformatore renziano.
Napolitano è stato un presidente per tanti aspetti eccezionale. Quanto il suo modello sarà vincolante per la figura del suo successore?
Ci sono le condizioni per fare tabula rasa del passato ritornare alle origini. Per come è concepito nella nostra Costituzione il presidente è un garante, non un attore politico. In condizioni eccezionali il Quirinale è obbligato a intervenire, però il suo ruolo fondamentale è quello di notaio o di arbitro, non di giocatore. Oggi possiamo ritornare ad avere un presidente “costituzionale”, cioè che si limita ad assistere alla partita senza entrare in gioco. E ciò perché intorno a Renzi si va ricostruendo un sistema politico con una sua autonomia e credibilità.
Che cosa vogliono nel Pd personalità come D’Alema o Bersani?
Questa vecchia sinistra ha come preoccupazione principale non quella di vincere per sé ma di fare perdere gli altri. Li vedo tutti molto agitati all’idea di fare un dispetto a Renzi, e non invece di costruire qualcosa in proprio. D’Alema e Bersani ci proveranno: il fatto che si riesca o meno ad evitare che questo accada dipenderà molto dalla forza della proposta di Renzi.
Quindi non sono solo Civati e Fassina a “remare contro”?
Non a caso io ho parlato di “minoranze” e non di “minoranza”, in quanto gli stessi che si contrappongono a Renzi all’interno del Pd sono organizzati in modo diverso. Gli stessi Civati e Fassina sono in due correnti differenti, e poi c’è una terza corrente, che fa capo a Speranza e che è più amichevole verso la maggioranza. Vecchia e nuova guardia, D’Alema e Bersani, su una cosa sono d’accordo: vogliono tutti mettere in difficoltà Renzi. Prodi è proprio il candidato ideale per questa operazione. Certo fa ridere, visti i suoi precedenti, che oggi sia D’Alema a essere prodiano, ma la politica è anche fatta così: spesso si prende non quello che si vorrebbe idealmente ma quello che offre il “mercato”.
Contro Prodi, il premier potrebbe scegliere di candidare Veltroni?
Veltroni sarebbe un ottimo presidente, perché ha sicuramente le qualità politiche per farlo, ha un’esperienza di governo, è stato vicepresidente del consiglio, e soprattutto sarebbe anche un ottimo testimonial dell’Italia all’estero. Tra i compiti del presidente della Repubblica c’è anche quella di farci fare bella figura all’estero, impresa spesso proibitiva.
E se Renzi cercasse prima l’accordo con le minoranze del Pd e solo in seconda battuta andasse da Berlusconi?
Renzi farà certamente così, e del resto lo ha anche detto: prima di tutto c’è il Pd unito, che rappresenta un blocco di 450 grandi elettori, e questa è una forza di cui il segretario/premier intende disporre. Tra l’altro cercare subito l’accordo con l’assemblea del partito è anche il modo per “smontare” le varie minoranze, costruendo l’unità del Pd.
(Pietro Vernizzi)