Ci vuole un periodo di calma politica per far riconquistare all’Italia la fiducia dei mercati. Molti ritengono che tale risultato possa essere ottenuto con la rimozione immediata degli attuali governo e maggioranza. Ma è un’analisi sbagliata e qui mostro perché. L’Italia è il ventre molle dell’Eurozona per il volume del debito e per la bassa crescita endemica del Pil che rende tendenzialmente insostenibile il debito stesso.
L’incapacità della Grecia, certa, e del Portogallo, probabile, di ripagare i propri debiti non mette direttamente a rischio l’euro, perché la copertura delle rispettive insolvenze, tra i 400 e 600 miliardi, è alla portata dell’eurosistema. Ma ha un effetto destabilizzante indiretto, perché porta l’attenzione del mercato sulla capacità di Italia e Spagna di ripagare i loro debiti, cioè l’effetto contagio. Che si estende a tutto il sistema bancario europeo, e oltre, in quanto i titoli di debito delle nazioni a rischio posseduti dalle banche sono suscettibili di perdita di valore con un impatto sulla loro solidità patrimoniale.
Se i dubbi sul debito italiano e spagnolo aumentano, l’eurosistema non avrebbe capacità di copertura, in quanto ci vorrebbero almeno 3 trilioni di euro. Probabilmente di più, fino a 5 trilioni, perché la Francia – con debito crescente, deficit troppo alto e crescita insufficiente – sarebbe anch’essa oggetto di contagio. Da un lato, tale cifra sarebbe reperibile permettendo alla Bce di stampare moneta. Dall’altro, questa soluzione aumenterebbe l’inflazione, pesantemente, e potrebbe non bastare perché a quel punto il mercato aggredirebbe il debito della Germania, sia per sfiducia, sia per speculazione al ribasso, e l’euro imploderebbe.
Sia per questo scenario, sia perché l’elettorato tedesco chiederebbe il ritorno al marco piuttosto che accettare un rischio grave di inflazione, è probabile che Berlino porrà il veto a interventi massicci della Bce, già inquieta per quelli minori ora in corso per sostenere i titoli italiani e spagnoli. Per tale motivo, le euronazioni devono mettersi in ordine da sole e non via sostegno esterno.
Inutile commentare se sia giusto o sbagliato, questo è. Per mettersi in ordine e dare al mercato un segnale di stabilità, che si estenderà a tutta l’Eurozona, l’Italia deve rispettare la tabella di marcia per raggiungere il pareggio di bilancio, cioè non aumentare il debito via azzeramento del deficit annuo, entro il 2013. È una fesseria impoverente applicare estremo rigore in un momento di stagnazione del mercato globale, ma questo è il requisito contingente per evitare la dissoluzione dell’euro.
Vista la scadenza ravvicinata dell’obiettivo sarebbe pericoloso cambiare governo prima della legge di bilancio per il 2013, quindi prima dell’autunno del 2012. Tra campagna elettorale e tempo di apprendimento di un nuovo governo passerebbero sei mesi. Inoltre, vi sarebbe il rischio di linguaggi irrazionali e di un risultato non chiaro e stabilizzante delle elezioni.
Le agenzie di rating, che considerano la capacità del governo italiano di pareggiare il bilancio nei tempi detti come principale criterio di valutazione a breve, punirebbero con un ulteriore declassamento l’affidabilità dell’Italia in caso di poca chiarezza politica. Ciò aumenterebbe il costo di raccolta del denaro per le banche e le aziende italiane, complicando un 2012 già difficile. Per questo la politica dovrebbe restare congelata per un anno.
Il governo non può fare molto, ma certamente potrà evitare il caso peggiore all’Italia e all’Eurozona. Poi nel 2013, se finita l’emergenza, cercheremo di cambiare tutto. Realismo, per favore.