“Il programma di Forza Italia avrà dei costi, ma rilancerà consumi, investimenti ed economia e, soprattutto, gli impegni presi saranno coperti con serietà”, attraverso “un serio sfoltimento dei quasi 175 miliardi di tax expenditures che si annidano nel bilancio dello Stato”. E anche in Europa “Forza Italia vuole presentarsi da protagonista, perché l’Italia ritorni ad avere quel ruolo guida che ebbe ai tempi di De Gasperi”.
Rispondendo alle 10 domande del Sussidiario, Renato Brunetta, candidato per Forza Italia alla Camera in Veneto, illustra i punti salienti del programma del suo partito, dall’economia (“azzeramento del cuneo fiscale per i primi sei anni a chi assume un giovane a tempo indeterminato, flat tax, abolizione dell’Irap, piano di investimenti, rilancio del dialogo scuola-mondo del lavoro) all’immigrazione (“Forza Italia sostiene il Piano Marshall per l’Africa, già in discussione nei più importanti consessi internazionali come il G-20 e la Banca mondiale, per accrescere gli investimenti nei Paesi d’origine”), dalla sanità (“il virtuosismo del sistema sanitario deve partire dai livelli di governo più vicini al cittadino, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà”) al welfare (reddito di dignità e innalzamento delle pensioni minime), dal rilancio del patrimonio culturale (“Il turismo è l’industria dell’accoglienza”) all’ambiente (“Gli obiettivi di sostenibilità si raggiungono, innanzitutto, promuovendo un mondo basato sulla pace e sul rispetto reciproco, sia delle persone che dell’ambiente”). E sul dopo voto, nessuna incertezza: “Il centrodestra governerà l’Italia per i prossimi cinque anni”.
La rincorsa alle promesse facili riguarda tutti i partiti. A quanto ammontano gli impegni di spesa che il suo partito mette in campo e come pensa di coprirli?
Il programma elettorale di Forza Italia avrà dei costi, ma rilancerà i consumi, gli investimenti e l’economia e, soprattutto, gli impegni presi saranno coperti con serietà. Le coperture arriveranno da un serio sfoltimento dei quasi 175 miliardi di tax expenditures che si annidano nel bilancio dello Stato, attraverso l’annullamento di tutte le pendenze tributarie tra cittadino e amministrazione fiscale, da una pervasiva azione di spending review basata sulla lista di tagli presentati dai precedenti commissari e da una maxi-operazione di privatizzazione delle società pubbliche e di attacco al debito pubblico, da effettuarsi tramite l’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, attraverso la creazione di una Spv (Special purpose vehicle), società di diritto privato creata ad hoc per effettuare l’operazione, entro la quale confluiranno tutti i beni dello Stato.
Ritiene che i provvedimenti che hanno avuto effetti positivi sull’economia reale vadano comunque mantenuti? Quali sono secondo lei gli effetti del Jobs Act e di Industria 4.0?
Il Jobs Act voluto da Renzi è stato un fallimento, perché ha creato l’incentivo per le imprese a effettuare false assunzioni, al solo fine di godere di un beneficio fiscale. La miglior riprova è stato l’aumento esponenziale dei cosiddetti “fast jobs”, lavori con contratti a 3-6 mesi che non costituiscono vera occupazione, soprattutto per i giovani. Non abbiamo intenzione di ripristinare la situazione precedente, tuttavia il nostro programma prevede: l’azzeramento del cuneo fiscale per i primi sei anni per chi assumerà un giovane a tempo indeterminato con l’obiettivo di aumentare gli occupati di 1,8 milioni di unità nei prossimi 5 anni. Sul piano Industria 4.0 ci sono delle norme che possono essere mantenute, come quelle sulla digitalizzazione delle imprese, ma il piano presentato dal Mise è ancora troppo debole e va rafforzato con una maggiore attenzione a strumenti alternativi di finanziamento per le Pmi, come il crowdfunding e i mini-bond, soprattutto in considerazione del fatto che il canale di finanziamento bancario è in questo momento chiuso per via delle stringenti regole europee sui requisiti di capitale delle banche, che non erogano più prestiti.
Un tema rilevante riguarda l’Europa: ha senso dichiararsi sovranisti senza se e senza ma, oppure difensori altrettanto acritici di un assetto guidato da Germania e Francia? Come rimettere in primo piano gli interessi dell’Italia?
Il futuro dell’Europa non può essere disegnato soltanto dal duo Macron-Merkel. Se la Francia e la Germania hanno carta bianca sulla riscrittura delle regole europee, culminato nel “Trattato dell’Eliseo”, la colpa è anche degli ultimi governi italiani che a Bruxelles sono stati del tutto assenti. Per questo motivo Forza Italia vuole presentarsi in Europa da protagonista, perché l’Italia ritorni ad avere quel ruolo guida che ebbe ai tempi di De Gasperi. Per farlo deve avere nelle istituzioni europee propri funzionari che sappiano far sentire adeguatamente il loro peso. Parigi e Berlino sono due partner fondamentali nel progetto di ricostruzione dell’Europa “dei popoli”, ma le proposte, soprattutto quelle sulla riforma della governance europea, dovranno passare anche per la nostra approvazione. Fondamentale, comunque, è ricordare che l’Italia è un Paese a vocazione atlantica, che da sempre ha avuto un rapporto prediletto con Stati Uniti, Regno Unito e Israele. Rapporto che con i recenti governi di centrosinistra si è purtroppo indebolito. Anche il rafforzamento di quest’asse è fondamentale per difendere gli interessi economici e militari dell’Italia nel mondo.
L’immigrazione: quali proposte credibili per una politica di controllo che possa mettere insieme accoglienza e interventi realmente efficaci contro i casi di delinquenza, a cominciare dall’occupazione sistematica dei treni dei pendolari al Nord?
L’Italia attualmente spende circa 5 miliardi di euro l’anno per le politiche di accoglienza dei migranti. Soldi che vengono sottratti ad altri programmi a favore degli italiani, come il contrasto alla povertà, che sotto i governi della sinistra è triplicata. Per questo motivo Forza Italia sostiene il Piano Marshall per l’Africa, già in discussione nei più importanti consessi internazionali come il G-20 e la Banca mondiale, per accrescere gli investimenti nei Paesi d’origine. Creare occupazione laddove i migranti partono vuol dire aver già risolto metà del problema. L’Italia vuole essere presente con le sue aziende in questo piano epocale.
Quali sono le ricette del suo partito per lavoro, crescita e lotta alla povertà, al di là dei sussidi a carico dello Stato previsti da tutte le forze politiche?
Per quanto riguarda il lavoro, oltre all’azzeramento del cuneo fiscale per i primi sei anni a chi assume un giovane a tempo indeterminato, puntiamo molto sulle politiche di formazione e di integrazione scuola-mondo del lavoro. La crescita sarà garantita, innanzitutto, da una riforma epocale del fisco, attraverso l’introduzione della flat tax, una tassa che semplifica al massimo il sistema e lo rende estremamente efficiente, attraverso l’abolizione dell’Irap, l’imposta rapina sulle imprese perché tassa il lavoro, e attraverso un piano di investimenti pubblici mirati a creare una delle reti infrastrutturali più all’avanguardia in Europa. Per quanto riguarda il problema drammatico della povertà, il nostro piano prevede l’introduzione del reddito di dignità, grazie al quale chi è sotto una certa soglia di reddito non solo non dovrà pagare alcuna tassa, ma lo Stato dovrà versargli la somma necessaria per arrivare a 1.000 euro mensili.
Nessuno parla di sanità: ritiene che il servizio ai cittadini sia adeguato, che sia migliorabile a partire dalle liste d’attesa e che le differenze qualitative tra Nord e Sud possano essere ridotte o annullate?
Negli ultimi anni i servizi sanitari ai cittadini hanno subìto drastici tagli, per via dei vincoli di bilancio imposti dal governo centrale. Questo ha comportato l’esclusione delle fasce più deboli della popolazione dalla possibilità di fruire dei servizi indispensabili. Il servizio è certamente migliorabile e le differenze tra Nord e Sud possono essere ridotte grazie all’attuazione del federalismo fiscale e all’introduzione dei costi standard sanitari. Un percorso che era già iniziato sotto l’ultimo governo Berlusconi e che poi è stato completamente tralasciato dagli ultimi governi di centrosinistra. Forza Italia è un partito a vocazione federalista e crede, quindi, che il virtuosismo del sistema sanitario debba partire proprio dai livelli di governo più vicini al cittadino, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.
Quali proposte e soluzioni per gli anziani, visto che il nostro Paese sta invecchiando?
Per gli anziani il piano di Forza Italia è soprattutto quello di elevare le pensioni minime a 1.000 euro al mese, una misura che viene incontro alla componente più fragile della società, oltre al reddito di dignità già discusso. Il problema della denatalità lo si deve però risolvere anche incentivando le giovani coppie a fare più figli e questo lo si può fare solamente aiutando finanziariamente questi nuclei famigliari a sopportare le maggiori spese che derivano dall’avere dei bambini. Per questo, Forza Italia ha aderito al Forum delle Associazioni familiari, prevedendo l’accesso gratuito agli asili nido e maggiori sussidi per l’acquisto di beni e servizi per l’infanzia, promuovendo una cultura dell’accoglienza del bambino e la conciliazione dei tempi per le mamme che lavorano.
Valorizzare il patrimonio culturale italiano a favore dei giovani e dell’occupazione: cosa propone il suo partito?
Il turismo è l’industria dell’accoglienza, è la seconda industria italiana per contributo al Pil e per occupazione. Tuttavia, manca una visione d’insieme e coordinata, che dovrebbe essere affidata non tanto al ministero dei Beni culturali, quanto al ministero dello Sviluppo economico. Governare i flussi non è una questione organizzativa, ma economica. Per favorire tutto ciò proponiamo di detassare gli investimenti inerenti alla digitalizzazione effettuati in strutture ricettive; promuovere la valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale e archeologico dell’Italia, che tutto il mondo ci invidia, con un grande Piano di investimenti pubblici che coinvolga imprese e privati cittadini; detassare gli investimenti effettuati in strutture ricettive; ridurre l’Iva relativa alle opere e agli interventi di edilizia ed esentare le strutture ricettive dalle imposte Imu, Tasi e Tari nel periodo di esecuzione dei lavori, che impongono la chiusura dell’attività.
L’Italia ha sottoscritto nel 2015 l’Agenda 2030 dell’Onu e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile: come intende raggiungere questi obiettivi? Che misure intende adottare per il clima?
Gli obiettivi di sostenibilità si raggiungono, innanzitutto, promuovendo un mondo basato sulla pace e sul rispetto reciproco, sia delle persone che dell’ambiente. Le attuali disuguaglianze che ancora esistono tra i vari Paesi del mondo vanno ridotte attraverso un impegno multilaterale e in questo l’Unione europea può giocare un ruolo decisivo, rendendosi protagonista dello sviluppo di un continente come l’Africa. Il “Compact with Africa”, promosso dalla presidenza tedesca del G-20, che verrà portato avanti anche dalla presidenza argentina, rappresenta certamente un progetto in cui noi crediamo fortemente e di cui vogliamo essere protagonisti, rafforzando, ad esempio, il ruolo di Cassa depositi e prestiti come istituzione per lo sviluppo e il sistema imprenditoriale italiano, che nel continente può giocare un ruolo decisivo. Per quanto riguarda il clima, intendiamo rispettare pienamente l’accordo internazionale di Parigi, impegnandoci a diventare leader nelle nuove fonti di energie rinnovabili, in maniera da raggiungere una maggiore indipendenza energetica. In questo settore l’Italia vanta numerose eccellenze, che intendiamo sostenere e portare all’estero, in maniera da renderle delle vere e proprie multinazionali.
Nel caso di un risultato elettorale che non assicuri la governabilità, come pensate di muovervi? Quali alleanze si sente di escludere in ogni caso?
Il risultato elettorale sarà chiaro. Lo dimostrano i sondaggi, così come il sentiment popolare che si respira girando per mercati e piazze. Il centrodestra governerà l’Italia per i prossimi cinque anni. In questi ultimi giorni di campagna elettorale giornali e trasmissioni televisive si stanno dilettando in puri esercizi di stile, ad esempio, ragionare sul 40% è fuorviante. La vittoria dipende in larga misura da come andranno i collegi uninominali, soprattutto quelli del Centro-Sud. E lì la battaglia è con il M5S. Noi siamo in netto vantaggio e comunque il dato acquisito è solo uno: il Pd di Renzi è fuorigioco.