Va bene tutto, ma un assessore lombardo eletto coi voti della ’ndrangheta è troppo. L’episodio, in via, ovviamente, di accertamento, ha rappresentato molto più della classica goccia che fa traboccare il vaso. Ha evocato scenari cui i lombardi non sono abituati. Meglio, quindi, secondo molti, azzerare tutto. E ricominciare da capo. «Il modello lombardo è una delle cose migliori che il centrodestra abbia offerto agli elettori in questo ventennio; in termini di efficienza, sussidiarietà, e terza via tra stato a mercato. Di fronte a Formigoni, tuttavia, non si pone più solamente il problema della devianza dei singoli consiglieri, ma la messa in discussione del modello lombardo stesso», ci spiega Antonio Polito. Abbiamo ragionato con lui sul futuro della Regione e del suo attuale governatore.
Perché, sulle pagine del Corriere della Sera, ha parlato addirittura di capovolgimento del modello lombardo?
Perché, se permette, una amministrazione infiltrata dalla ’ndrangheta rappresenta al limite il modello calabrese, non di certo quello lombardo. Di fronte a questo, ho invitato Formigoni a invocare l’igiene della democrazia. E così è stato. Con l’azzeramento della giunta e con la richiesta di elezioni anticipate.
In cosa crede che abbia sbagliato Formigoni?
Anzitutto, nel fare il quarto mandato. Qualsiasi potere, se esercitato così a lungo, provoca assuefazione, compiacenza; nonché fiumi di persone che si riversano sul carro del vincitore. La mancanza di alternativa, in sostanza, impigrisce e corrompe. Oltre a questo, si è mostrato arrogante sulla vicenda che lo riguarda. Rispetto alla sue vacanze con Daccò, siccome non si tratta della modalità tipica di tutti gli italiani, avrebbe dovuto riconoscere fin da subito di aver compiuto una grave leggerezza.
La sua esperienza politica è conclusa o ha ancora della carte da giocarsi?
Credo che il suo ciclo si sia concluso e, come in tutte le democrazia, sia giunto per lui il momento di andare a casa. O, quantomeno, di tornare a fare il soldato semplice. Al limite, in Parlamento. Detto ciò, ha il diritto di rivendicare la positività della sua esperienza politica. A nessuno, tantomeno al Pdl, conviene mettere tra parentesi 17 anni di buon governo.
Crede che sopravviverà allo spacchettamento del Pdl?
Beh, l’impressione è che ne sia fuori da tempo. Non è un caso che, già in tempi precedenti agli scandali, avesse annunciato che si sarebbe candidato alle primarie per sostituire Berlusconi. Credo, inoltre, che si stia preparando ad una campagna elettorale non tanto assieme al Pdl, quanto con una lista civica o con un suo movimento.
Perché secondo lei la Lega, dopo aver chiesto l’azzeramento della giunta, non contenta ha preteso le elezioni anticipate?
La prima ragione consiste nell’incertezza della leadership di Maroni che, sin qui, non ha dato brillante prova di sé. Per intenderci, un federalista non va a Roma a decidere il destino della Lombardia. Questa posizione è stata sconfessata dalla base del partito che non ha ritenuto tollerabile lasciare che si persistesse in quella situazione; la seconda ragione, invece, potrebbe consiste in un patto tra Pdl e Lega per allearsi alle politiche in cambio della possibilità per Maroni di correre alla presidenza della Lombardia. E’ pur vero, d’altro canto, che il Carroccio si troverebbe, nel suo periodo di minor forza elettorale, con in mano le tre principali Regioni del Nord. Dubito che il Pdl lo permetterà.
La sinistra, dal canto suo, dispone un modello alternativo a quello formigoniano?
Non credo che sia in grado di vincere le elezioni, né che sia in sintonia con l’anima profonda lombarda. Dubito che un’operazione Pisapia potrebbe riuscire vincente su scala nazionale.
Crede, in generale, che le infiltrazioni possano essere responsabilità non solo della politica?
Le inchieste stanno rivelando una penetrazione della ’ndrangheta sorprendente. Quando questo accade, vuol dire che le ricadute sulla società sono tante e gravi. Un potere parallelo allo Stato, per intenderci, ha bisogno, per sbrigare i propri affari, di commercialisti, notai, imprenditori che accettino di entrare in partnership con lui. Quando la mafia giunge a tali livelli, vuol dire che in tanti hanno lasciato correre.
Come se ne esce?
Occorre uno scatto della società civile. La sanzione delle elezioni anticipate credo che rappresenti la reazione giusta. Se non si interviene a livello così alto, come si può pensare che reagisca la gente comune? D’altro canto, la Lombardia resta una regione che, in tutto e per tutto, è da considerarsi parte dell’Europa del nord; dove, per dare da lavoro alla gente, non c’è bisogno di ricorrere alla criminalità organizzata.
(Paolo Nessi)