La regolamentazione dello scudo fiscale, contenuta nell’articolo 13-bis del D.L. 1 ° luglio 2009, n. 78, è stata modificata alcune volte nei mesi successivi alla sua emanazione. In particolare, sono cambiati nel corso del tempo i termini entro cui procedere alle operazioni di rimpatrio o regolarizzazione (cosiddetta emersione).
Il testo originario del comma 6 dell’articolo 13-bis, infatti, fissava il termine ultimo per lo scudo fiscale nel 15 aprile 2010. Il successivo D.L. 3 agosto 2009, n. 103, tuttavia, ha accorciato di quattro mesi la finestra concessa per procedere alle operazioni di emersione delle attività detenute illegalmente all’estero, anticipando la scadenza dal 15 aprile 2010 al 15 dicembre 2009. Entro questa data, quindi, i soggetti che intendevano avvalersi dello scudo fiscale avrebbero dovuto consegnare a intermediari finanziari qualificati la dichiarazione di emersione (contenente tutti i dati relativi alle attività estere da “scudare”) nonché i soldi necessari per pagare l’imposta sostitutiva del 5% sugli importi ivi indicati.
Successivamente, tuttavia, ci si è resi conto che l’aver anticipato la data di chiusura delle operazioni avrebbe potuto pregiudicare la riuscita dello scudo fiscale (e, quindi, l’incasso atteso dal Ministero dell’Economia). In effetti, il tempo ridotto a disposizione dei contribuenti per completare tutte le procedure poteva disincentivare, se non addirittura impedire, il ricorso alla sanatoria a causa delle difficoltà concrete che potevano essere riscontrate nel rimpatrio o nella regolarizzazione di certe attività estere.
Ed è stata proprio l’esigenza di permettere l’adesione alle operazioni di emersione anche in questi casi che ha indotto l’Agenzia delle Entrate ad intervenire sul punto, consentendo ai contribuenti di poter beneficiare dello scudo fiscale anche laddove non fosse possibile concludere le operazioni, entro la predetta scadenza del 15 dicembre 2009, per cause oggettive non dipendenti dall’interessato (e, cioè, per cause connesse con l’obiettiva complessità degli adempimenti propedeutici all’emersione). I contribuenti in queste condizioni avrebbero dovuto presentare la dichiarazione riservata e pagare l’imposta entro il 15 dicembre, per poi completare le operazioni in un data successiva “ragionevolmente ravvicinata” e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2010.
Tra le cause che consentono di posticipare il completamento delle operazioni, ma non anche il pagamento dell’imposta sostitutiva, ci sono, per esempio, i ritardi nell’esecuzione dei bonifici transfrontalieri da parte degli intermediari non residenti, la necessità di completare operazioni di liquidazione delle attività estere oppure ancora l’esigenza di ottenere perizie di stima al fine di attestare il valore di beni come gioielli o oggetti d’arte.
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Infine, con il cosiddetto decreto “Milleproroghe” di fine anno (D.L. 30 dicembre 2009, n. 194), sono stati riaperti i termini (scaduti al 15 dicembre, fatta salva la sola possibilità di completare le procedure entro fine 2010 in presenza di complessità oggettive) per procedere allo scudo fiscale.
È infatti ora possibile procedere alla emersione delle attività detenute all’estero entro il 30 aprile 2010. L’imposta da pagare, tuttavia, è leggermente più alta rispetto al 5% originario. Più precisamente, l’imposta è stata stabilita nella misura del 6% (per le operazioni concluse entro il 28 febbraio 2010) e nel 7% per quelle completate successivamente (entro il termine ultimo del 30 aprile 2010).
Resta, comunque, ferma al 5% l’imposta dovuta da coloro che avevano presentato la dichiarazione riservata entro il 15 dicembre scorso, beneficiando tuttavia della possibilità di completare successivamente tutti gli adempimenti burocratici in presenza delle sopra menzionate “cause oggettive” non dipendenti dalla loro volontà.