“Serve concorrenza fra scali e ci sarà un appiattimento dell’offerta e un aumento delle tariffe. Non bisogna mettere insieme gli scali, ma venderne alcuni aumentando gli investimenti dei privati nel settore che ne ha bisogno”. Parola di Michael O’Leary, patron di Ryanair: il tycoon irlandese dei trasporti aerei low-cost. Meglio: il cavaliere solitario che a Milano-Italia ha deciso di ripuntare su Malpensa. Per la seconda volta. E mica è Emirates, che ovunque vada (anche a Malpensa) costruisce una lounge a sette stelle stile Dubai e fa passare il super-jumbo A380 anche se ha tre voli al giorno in tutto.
No, Mr Ryanair è quello che ti porta a Bruxelles (Charleroi, vabbè) con 50 euro etc. etc. Che ha messo in vendita 100mila biglietti balneari a 19.99 euro per l’estate 2016, partenza (Milano)-Orio al Serio: che resta il suo hub italiano. Però da dicembre Ryanair torna a Malpensa: 3 rotte europee (raddoppio su Londra e poi Bucarest e Siviglia) e un collegamento con Catania-Comiso. Così è se vi pare: Ali-Had non abita più qui, neppure nel semestre Expo (figurarsi gli ex alleati Air France e Klm cargo). Anche Lufthansa “Italia” nella brughiera varesina ha ballato una sola stagione. Ryanair ci riprova: un assaggio, ma ci riprova. E alza subito la voce: com’è giusto che faccia chi mette il business sul tavolo, per chi lascia capire di potercene mettere di più.
Non mettere assieme gli scali, ma venderli, dice O’Leary. Non gli piace un governo italiano (sempre un po’ in conflitto d’interessi con gli Aeroporti di Roma e con la ex compagnia di bandiera) che tira righe burocratiche su una mappa geografica su cui sono poi gli imprenditori veri a dover gestire il traffico aereo vero. Ma non sembra piacergli neppure una Sea che accorpa Orio a Linate e Malpensa, quindici anni dopo che “Malpensa 2000” avrebbe dovuto rottamare tutti gli altri scali lombardi. Invece quindici anni dopo è Malpensa a essere semi-rottamata. Ma un intenditore come Mr Ryanair ci riparte. E parla di “aeroporti da vendere”, di “investimenti privati”, di “concorrenza”.
Ci sbaglieremo ma O’Leary somiglia un po’ a Bernie Ecclestone: non è che l’autodromo di Monza non gli piaccia (a chi non piace Monza?). Non gli piace vedere un autodromo come Monza gestito come una polisportiva di quartiere; non è interessato a parlarci, alla fine si arrende.
Perché qualcuno non va a (ri)chiedere a O’Leary che idee ha lui per Malpensa? Se oltre a più voli può magari portare gli “investimenti privati” di cui parla? Oppure è Orio che Ryanair vorrebbe fosse “messo in vendita”? Certo, fino a che nessuno glielo chiede, nelle sedi giuste, non lo sapremo mai. E chissà se Ryanair ripasserà una terza volta.