Ma il governo Monti non doveva ricominciare con le privatizzazioni? E se sì, perché non vuol permettere alla Finmeccanica di vendere ai tedeschi della Siemens la propria controllata Ansaldo Energia? E chissenefrega, si potrebbe rispondere: in fondo, che vada ai tedeschi o resti in mani italiane, è comunque un’azienda che sa difendere il proprio valore (non è che la Siemens pensi di comprarla per chiuderla!) e non rappresenta più di tanto nel mondo il valore del “sapere” italiano. Sarebbe ben peggio se in ballo ci fosse, ad esempio, la Ferrari…
Eppure, c’è qualcosa che lascia perplessi, in questo balletto. Si sa che la Finmeccanica, holding di controllo cui fa capo l’Ansaldo, deve fare cura dimagrante. La ragione? Non ha in pancia le risorse finanziarie necessarie a “sostenere la crescita” di tutte le controllate e vuole concentrarsi sui settori “core-business”: l’avionica, tra elicotteri e sistemi di volo; gli armamenti; alcune altri business migliori. Ma ritiene di non potersi permettere il necessario “accudimento” per far crescere sulle loro gambe appunto l’Ansaldo Energia e la “cugina” Ansaldo Sts.
Candidato naturale a un’acquisizione: la Siemens, leader mondiale nel settore delle attrezzature per le centrali energetiche di tutti i generi e di tutte le tecnologie. La Finmeccanica fa sapere al governo che è lì lì per vendere, ed ecco spuntare il Fondo strategico italiano, interessato a fare un’offerta. Il Fondo, si sa, è un’emanazione della Cassa, è stato affidato alla gestione di un provetto banchiere d’affari come Maurizio Tavagnini, ex Merrill Lynch, e non ha ancora effettuato investimenti, pur avendone esaminati tanti. Ieri, interpellato alle agenzie di stampa, il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha detto che “se la Cassa depositi e prestiti ha individuato nella sua autonomia Ansaldo energia come una delle possibili aziende dove può essere costituito un interesse privato italiano certamente penso che sia utile”.
E qui casca l’asino, avrebbe detto Totò: in quel passaggio riferito alla “sua autonomia”. Ma perché mai la Cassa, che gestisce soldi pubblici, soldi – in definitiva – di noi contribuenti, dovrebbe avere una “sua autonomia” nel decidere se attorno all’Ansaldo Energia può essere costituito un “interesse privato italiano”? Chi ha eletto i vertici della Cassa? Perché la politica industriale del Paese, o quel che ne resta, dovrebbe essere demandata a loro? Non valga la risposta: “Perché sono più bravi dei politici”, perché sia Franco Bassanini, presidente, che Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato, sono effettivamente bravissimi, molto più di tanti predecessori alla Cassa e in altre istituzioni economiche pubbliche, ma non sono stati eletti dal popolo, non rispondono agli elettori del loro agire, e hanno un altissimo grado di discrezionalità…
Più in generale, perché un Governo che prende manrovesci in faccia da Marchionne un giorno sì e l’altro pure, che non trova argomenti da opporre al manager col pulloverino che porta in Serbia i pochi nuovi modelli che fa, si spaventa di fronte a un colosso come Siemens, tra i più seri del mondo, già presente in forze in Italia? Chieda, il governo, al capo delle Poste Massimo Sarmi, che Siemens Italia l’ha gestita a lungo, se sono o non sono “padroni” seri e perbene. Molto più seri, ad esempio, dei francesi di Lactalis, che appena acquisita Parmalat ne hanno succhiato non il latte ma la cassa per farle acquisire, rilevandola dalla casa madre francese, una loro controllata americana con cui il gruppo italiano avrebbe potuto tranquillamente sviluppare tutte le sinergie possibili e immaginabili anche senza comprarla…
Insomma, quel che sorprende in questa vicenda è non solo il suo “segno” opposto alla temperie del momento: lo Stato compra, o meglio “non vende”, anziché, appunto, fare cassa. C’è la confusione delle regole, per cui un’amministrazione centrale dello Stato può prendere iniziative di tale spessore “nella sua autonomia”. Ma quale? E infine, un retropensiero: guarda caso è un colosso tedesco a voler comprare l’Ansaldo Energia. Ma non gli fa paura lo spread, ai tedeschi? Forse no: forse è stato ed è uno spauracchio, una spada di Damocle per costringere l’Italia a spogliarsi di altri pezzi di pregio e tra tre anni tornare da capo a trattarla come l’ultima della classe. A pensar male, ripeteva Andreotti, si fa peccato ma s’indovina.