Il sistema politico italiano, al momento attuale e nel suo insieme, è ancora alla ricerca di una propria identità, una identità che – pur nella differenza di ruoli e di vocazioni – sappia essere di riferimento stabile per il Paese.
Matteo Renzi, forte di una straordinaria notorietà e di un consenso elettorale senza precedenti sia nelle elezioni europee sia in quelle locali, ha cercato di rimuovere il blocco che, in Senato, ha manifestato un aperto dissenso sul disegno di legge costituzionale di provenienza governativa sottoscrivendo a maggioranza l’Ordine del giorno Calderoli favorevole all’elezione diretta del Senato (pur conservandone i tratti di assemblea territoriale).
La reazione dei suoi stessi parlamentari ha tuttavia creato un impasse che rischia di paralizzare molto del percorso riformatore costringendo il premier a cercare alleanze al di fuori della propria maggioranza quale quella con il Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale e con la stessa Lega per la riforma costituzionale. E, ancora, oltre questi giri di valzer, un interrogativo persistente è quello sul ruolo di Berlusconi, di Forza Italia sempre in fermento e del posto di tale partito come elemento di riaggregazione di un nuovo centro destra che sappia essere forza di governo, in prospettiva, ma al presente vera forza di opposizione. Cosa che non appare all’orizzonte visto che forse il primo interessato alla stabilità del Governo Renzi potrebbe essere proprio Berlusconi, in tutt’altre faccende affaccendato (e prima tra tutti la costruzione di una nuovo struttura di partito).
Viene in mente quanto si diceva nell’ambito del movimento no global: se il G7 è il governo del mondo, chi sta all’opposizione? Trasferito nell’oggi italiano il tema può essere letto analogamente; una forza di governo ad alto consenso nel Paese – ma forse più per mancanza di alternative che per razionale scelta determinata da consonanza sui programmi – che tuttavia è debole in Parlamento, così debole da non lasciare spazio alla costruzione di una opposizione organica e razionale anch’essa, capace di porsi come alternativa, oggi discutendo col governo e domani sostituendolo in forza di un nuovo programma. Le continue incursioni di Renzi nel campo delle opposizioni, di fatto, sono un ostacolo a questo cammino di ricostruzione.
Sul piano delle riforme, intanto, è evidente che i continui stop and go del percorso non giovano alla chiarezza del disegno. Tutto si farà e si farà a breve, si dice, ma intanto, proprio chi propugna l’eliminazione del bicameralismo perfetto si serve della seconda lettura in materia di responsabilità civile dei magistrati per correggere gli errori della prima Camera. Che succederà quando il Senato sarà ridotto a simulacro?
E, così, per confondere ancora di più il quadro, ecco apparire lo spettro della democrazia diretta, il vero deus ex machina quando il dramma è al suo apice: un referendum sul semipresidenzialismo e una proposta di legge di iniziativa popolare sul presidenzialismo. Niente male, quanto ai contenuti: le due proposte hanno la stessa matrice, cioè il documento conclusivo della Commissione sulle riforme costituzionali (i saggi di Napolitano, per intendersi) e sono state a lungo discusse in quella sede apportando alla riflessione argomenti pro o contro ma tutti altamente sofisticati. Potrebbe valer la pena di rileggere quel testo (che è comunque breve, nell’insieme) per capire meglio quanto si va dicendo come al solito in modo abbastanza approssimativo. Potrebbe essere un’utile lettura per l’estate se uno ha interessi di questo tipo, a fianco – ovviamente – di ben altro nutrimento per i corpi e le menti provati dal caldo e dalla fatica.
Una volta letto e capito tutto, peraltro, i nodi sul tappeto sono destinati a rimanere tali perché, per scioglierli, occorrerebbe riannodare i fili di una relazione che ha del fondamentale per una democrazia sana e ben funzionante, quella che – favorendo scelte di campo chiare – rafforza ora l’una parte (quella al governo, e non solo per consenso elettorale, assai fragile in tempi di crisi come il nostro) ora l’altra, quella di opposizione, la quale, invece di cercare di rosicchiare quale e là pezzetti di consenso ammaliando chi governa, ne sappia essere autorevole controparte.