Il Pd di Renzi è sempre più il partito dei ricchi. A votarlo sono soprattutto le fasce socioeconomiche più benestanti, mentre i partiti di centrodestra rappresentano la classe media e i Cinque Stelle le fasce più povere. E’ quanto emerge dagli ultimi sondaggi di Tecné, la società presieduta da Carlo Buttaroni. Chiedendo quale sia la fiducia nel governo Renzi da 1 a 100, la media delle risposte è pari a 40 tra quanti hanno un livello socioeconomico molto alto e del 31 tra quanti hanno un livello socioeconomico molto basso, mentre è pari a 36 nelle fasce medie. L’attuale alleanza di governo ottiene un gradimento pari a 36 per le fasce molto alte, pari a 32 in quelle medie e pari a 22 in quelle molto basse. Anche un’ipotetica alleanza Pd-Sinistra Italiana ottiene un gradimento più elevato tra le fasce medio-alte (tra 31 e 38), mentre tocca quota 24 in quelle molto basse.
Buttaroni, come si spiega che il governo Renzi piaccia soprattutto alle fasce ricche?
Ciò che noi abbiamo messo in evidenza è il fatto che c’è una relazione anche molto stretta tra collocazione sociale e comportamento di voto. Dal punto di vista socioeconomico il cittadino medio si colloca prevalentemente in una fascia media, con un baricentro verso il basso. Coloro che votano stanno sempre nella fascia media, ma con un baricentro più spostato nella parte alta. Gli elettori di M5s si collocano prevalentemente nella fascia bassa e nei confronti della situazione economica sono più pessimisti. Sono stati portati a votare M5s in parte per la loro situazione economica, in parte perché hanno una visione più pessimistica del futuro.
La percentuale sulla fiducia nel governo è in ascesa o in calo?
Quello sulla fiducia nel governo non è una percentuale, quanto piuttosto un voto medio. Se uno prende 10 in storia e 1 in matematica, la media dei voti è 5,5. Questo indice ci permette di pesare sia i giudizi positivi sia quelli negativi. Il giudizio sul governo nel tempo rimane grossomodo stabile, ma peggiora nelle fasce socioeconomiche basse e migliora leggermente o rimane fermo in quelle alte. I giudizi sono decisamente peggiori tra chi sta peggio, mentre migliorano in chi vive in una situazione socioeconomica migliore.
Non è un paradosso per un governo di centrosinistra?
Negli ultimi anni con la crisi ha preso forma un rovesciamento rispetto al passato. Se prima le fasce popolari potevano essere allineate con i partiti di sinistra, e quelle più benestanti con i partiti di centro o di destra, adesso avviene proprio il contrario. Oggi i partiti di sinistra, o comunque il Pd, ha un tipo di elettorato che si colloca di più nella fascia alta, mentre i partiti moderati o di centrodestra hanno un tipo di elettorato che si colloca di più nella fascia media. M5s infine si colloca nella fascia bassa. C’è stato uno vero stravolgimento, ma ciò si vede anche nelle leadership. Renzi funziona benissimo tra gli elettori della fascia alta, Salvini invece in quella medio-bassa. Di Maio è più rappresentativo della fascia bassa, Parisi di quella alta, mentre Toti è il leader più trasversale di tutti.
Lei come legge questa differenza tra Parisi e Toti?
Sia il linguaggio di Parisi e Toti sia le modalità in cui sono percepiti sono molto diverse tra loro. Mentre i giudizi positivi su Parisi si concentrano nella fascia medio alta, Toti è più trasversale. Ciò vale anche all’interno dei partiti di centrodestra. Toti per esempio fa meglio di Parisi all’interno degli elettori di Lega Nord e Fratelli d’Italia. Parisi invece ottiene prevalentemente il suo consenso tra gli elettori di Forza Italia, ma è giudicato positivamente anche tra quelli di Area Popolare e persino tra quelli del Pd.
Significa che Toti è più adatto a succedere a Berlusconi rispetto a Parisi?
Sono due candidati molto diversi tra loro. Molto dipende dal tipo di alleanze che saranno proposte. Per esempio se Forza Italia dovesse essere il perno di una coalizione con il baricentro molto spostato verso il centro, Parisi ne sarebbe l’interprete migliore. Se al contrario il perimetro della coalizione di centrodestra comprendesse Forza Italia, Fdi e Lega, il miglior interprete sarebbe Toti.
(Pietro Vernizzi)