“Sussidiarietà” non è più oramai un termine per pochi addetti ai lavori o addirittura una parola il cui suono pronunciare molto sommessamente.Si tratta di considerare quali rapporti tra società e Stato, tra cittadini ed istituzioni, tra comunità ed autorità costruire, affinché le potenzialità e le energie presenti nel tessuto sociale possano esprimersi al meglio ed in modo più efficace.
Ma non è certo tentando di “impiegare” le organizzazioni non profit attraverso strumenti e modalità che ultimamente ne snaturano l’indole originaria e le peculiarità relazionali, che la società civile può essere aiutata a crescere. Il principio di sussidiarietà costruisce, non distrugge; afferma, non nega; crea rete, non isolamento; contribuisce a far rinascere relazioni interpersonali, non spinge all’individualismo. La sussidiarietà, laddove correttamente implementata, consente di individuare azioni e interventi in cui i cittadini sono i diretti protagonisti, sostenuti e supportati dagli enti locali, così che al bisogno di quel determinato territorio o di quella determinata collettività sia data una risposta adeguata, giusta, equa e capace di incentivare le migliori risorse umane sul campo.
La sussidiarietà si contrappone, pertanto, unicamente ad una concezione volta a considerare o a voler perpetuare uno Stato oppure un ente locale quale “padrone” assoluto delle risposte ai bisogni che provengono dalla società civile. In questo contesto, non si deve confondere il principio di sussidiarietà con il sistema delle deleghe di competenze dall’ente statuale gerarchicamente più alto verso quelli più bassi. Federalismo, devolution, deleghe di funzioni costituiscono indubbiamente segnali di un cambiamento in atto nel nostro Paese che non può non interessare altresì il variegato mondo non profit. Quest’ultimo tuttavia, per poter svilupparsi e consolidarsi necessita di un quadro di riferimento in cui chiari siano i ruoli attribuiti agli attori in gioco e quali i livelli di responsabilità decisionale.
Cosa può significare tutto ciò nella definizione degli interventi da attivare nel settore socio-educativo, per esempio? Storicamente il rapporto tra enti pubblici ed organizzazioni non profit è stato definito dal sistema dei contributi (a fondo perduto), che i primi erogavano a favore delle seconde. Negli ultimi 10/15 anni, anche in forza del progressivo impatto della normativa Ue, si è progressivamente affermato un nuovo regime di regolazione, che sostituisce l’era dei contributi e introduce i primi elementi di quella che, in seguito, avrebbe assunto il nome di “cultura della contrattazione”. L’impegno continuo e la necessaria professionalità e continuità richiesti per l’erogazione del servizio hanno imposto alle istituzioni pubbliche di impostare diversamente il loro approccio nei confronti degli organismi non profit. Conseguentemente, le organizzazioni non profit sono divenute veri e propri produttori di servizi, acquistati dagli enti pubblici sulla base dei costi sostenuti. Contrariamente a quanto accade con i contributi, che escludono di principio l’esistenza di una relazione di acquisto e vendita tra enti pubblici ed organizzazione del privato sociale, con l’introduzione dei contratti, l’obiettivo perseguito è quello di improntare i rapporti tra le parti su relazioni di scambio economico che affidano agli enti pubblici il ruolo di acquirenti e alle organizzazioni non profit quello di produttori di servizi.
Ciò ha evidenziato che la scelta di affidare l’erogazione di servizi sociali al settore non profit non riveste più un carattere opzionale, ossia lasciare libere le amministrazioni pubbliche di scegliere come e quanta parte dei servizi di welfare affidare in gestione alle organizzazioni non profit, ma diviene una necessità, rafforzata dalla previsione dell’articolo 118 della Costituzione u.c.
Sussidiarietà diviene allora una componente del “tridente d’attacco”, insieme a solidarietà e sviluppo. Invero, così come riportato nel Rapporto sulla sussidiarietà 2007 Sussidiarietà e riforme istituzionali, curato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, gli intervistati connettono la sussidiarietà soprattutto al valore “solidarietà” e poi la vedono esprimersi in primo luogo in termini di efficienza nella gestione dei servizi affidata ai soggetti non profit. Termini questi che fanno bene anche al sistema dell’educazione.