“Dall’intreccio tra riforma costituzionale e riforma elettorale nasce un regime che definirei semiparlamentare. Un regime privo dei difetti dell’assemblearismo, già fortemente temuto dai costituenti, ma che rischia di essere governato in pratica da un solo uomo alla testa di un solo partito. Bisognerà individuare nuovi equilibri tra le due Camere, tra queste e il Governo, tra tutti e il presidente della Repubblica”. Lo afferma Luciano Violante, magistrato, giurista, già presidente della Camera dei deputati e della Commissione Antimafia. Con lui abbiamo fatto il punto sugli aspetti della riforma rimasti più in ombra, ma che, come spiega lo stesso Violante, “sono in realtà i più importanti”: scelta del capo dello Stato, ben dieci distinti procedimenti legislativi, rapporti Stato-Regioni. Martedì in aula si è proceduto con l’illustrazione degli emendamenti, mentre da oggi si inizierà a votare sull’articolo 1 del ddl costituzionale.
Come valuta l’accordo sull’elettività del Senato raggiunto nel Pd?
Staremo a vedere, anche perché abbiamo ancora pochi elementi per potere esprimere un giudizio completo. La designazione dei candidati al Senato da parte degli elettori richiede necessariamente un parallelo adeguamento della norma transitoria, che stabilisce quali siano le regole che presiederanno all’elezione dei senatori fino a quando non sarà fatta la legge generale.
Per Vannino Chiti, “se i consiglieri-senatori li scelgono i cittadini, la prima volta che si andrà al voto si dovrà rispettare il principio che siano i cittadini a sceglierli”. E’ d’accordo con lui?
Sì. Come dicevo, una volta approvata la modifica dell’articolo 2 bisogna poi pensare alla norma transitoria, in modo che non entri dalla finestra quello che si è cacciato dalla porta. Anche la norma transitoria deve prevedere quindi la designazione diretta dei senatori.
Il testo dell’accordo è simile alla sua proposta?
E’ abbastanza simile alla proposta presentata insieme ad altri. I punti che contano veramente però sono diversi. Per esempio le incertezze tra i dieci procedimenti legislativi, il modo di eleggere il capo dello Stato, il rapporto Stato-Regioni.
Che cosa ne pensa del modo di eleggere il capo dello Stato?
Un presidente della Repubblica eletto con un quorum sulla base dei soli votanti, anziché degli aventi diritto al voto, rischia di essere delegittimato anche all’interno del quadro costituzionale. Ritengo che dopo la terza votazione bisognerebbe andare al ballottaggio tra i due candidati che hanno preso più voti nelle tre votazioni precedenti.
Un altro punto che lei citava è il rapporto Stato-Regioni. In che senso è problematico?
Ci sono forti sovrapposizioni. Avere eliminato la competenza concorrente ha portato a un ritaglio di competenze schiacciate l’una sull’altra. Questo farà la gioia di alcuni studi legali, ma rappresenterà anche un surplus di difficile lavoro per la Corte costituzionale. Su alcune materie ci saranno molti ricorsi perché non si capirà bene se la competenza è statale o regionale.
Come risolverebbe questo conflitto?
Evitando sovrapposizioni tra competenze statali e competenze regionali. Ad esempio, che significa attribuire alle Regioni la competenza in materia di “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali” mentre si attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di “tutela della salute” e “politiche sociali”?
Che cosa non la convince sui procedimenti legislativi?
I dieci distinti procedimenti legislativi rischiano di creare confusione. Nel momento in cui non è stabilita l’insindacabilità delle decisioni dei presidenti di Camera e Senato in merito alla qualificazione del provvedimento e al procedimento che deve governarne l’iter, rischiamo di aprire la strada a una lunga serie di ricorsi alla Corte costituzionale per stabilire se la procedura stabilita sia giusta o sbagliata. Occorre fissare il principio in base a cui le deliberazioni dei presidenti delle Camere sono insindacabili, anche da parte della stessa Consulta.
Con questa riforma chi vince le elezioni poi potrà cambiare la Costituzione a suo piacimento. Questo presenta dei rischi?
Saranno entrambe le Camere a decidere sulle riforme costituzionali. Ma certamente il fatto che ci sia un solo partito al comando del Paese può provocare qualche effetto non voluto, non gradito e non privo di rischi. Sarà bene stare attenti, chiunque sia al governo.
La Costituzione italiana esce migliorata o peggiorata da questa riforma?
Dal punto di vista del bilanciamento tra i poteri dello Stato ne esce un sistema meno equilibrato. Il parlamento non sceglie il capo del governo, perché a farlo sono gli elettori attraverso il voto. La sfiducia costruttiva non è prevista, e questo deparlamentarizza le possibili crisi di governo. Perciò mi permetto di parlare di regime semi-parlamentare.
Il presidente Grasso ha deciso di tagliare gli emendamenti della Lega. Ha fatto bene?
Era l’unica scelta possibile. Il presidente Grasso ha fatto benissimo, chi presenta milioni di emendamenti non vuole discutere della riforma ma paralizzare il parlamento o fare un’operazione puramente spettacolare. In ogni caso non c’è nulla di serio.
C’era comunque qualche istanza giusta da parte di Calderoli?
Calderoli ha una importante esperienza politica e parlamentare, ma con le istituzioni non si gioca al computer.
(Pietro Vernizzi)